martedì 28 febbraio 2012

" La Residenza del Diavolo " Capitolo IX - Nuove Vittime



- “Sembra incredibile che un pazzo assassino, uomo o donna che sia, abbia voluto stabilirsi nella nostra città. La polizia non riesce a trovarlo, e alle nostre insistenti domande risponde con un semplice “No Comment”… Eppure a Parigi ogni nuovo giorno reca una scomparsa… fino a una settimana fa le vittime erano due: Maurice Ivry, studente liceale… ragazzo tranquillo, a quanto dicono amici e parenti, e Blaise Leroux, collaboratore apprezzato del nostro giornale. Purtroppo negli ultimi sette giorni, cioè dal ritrovamento del nostro collega, sono state rinvenute altre tre vittime che presentavano le stesse ferite… Anne Delacroix, chiaroveggente. Era tornata a Parigi da appena un giorno, quando è scomparsa… la sera successiva è stata ritrovata sgozzata e sventrata in Boulevard St. Germain, davanti al portone dell’edificio dove abita l’Ispettore Jordan Malin… Presupponiamo che fosse tornata per scusarsi col Professor Adam Aryen… per aver fatto menzione di lui in un’intervista, senza la di lui autorizzazione… Marcel Dupleix, regista horror. Sembra che dopo la scomparsa di Maurice, il regista si aspettasse la visita dell’assassino… Fondi attendibili ci assicurano che l’uomo, ultimamente, viveva come un recluso, nella camera numero ventisei dell’Hotel Imperial, in Rue de la Victoire. Non parlava più con nessuno e si rifiutava di uscire dal suo rifugio, che riteneva sicuro… La quinta vittima è: Madeleine Chartres… segretaria nello studio del professor Aryen… E’ stata trovata nelle stesse condizioni delle altre vittime, ai piedi dell’Arco di Trionfo… il luogo è poco distante dall’abitazione del Professore… Avenue Kléber… Ora, la domanda è: come mai tre delle vittime sono collegate tra loro mediante i loro rapporti col Parapsicologo?… Blaise Leroux lo ha intervistato prima di sparire… Anne Delacroix è stata sua allieva, se così possiamo definirla… forse il suo ruolo era piuttosto collaboratrice… Madeleine Chartres era la sua segretaria… invece le altre due vittime, Maurice Ivry e Marcel Dupleix,non conoscevano il Professore e non c’è niente che li colleghi a lui… Li collega tra loro l’ultimo film girato dal regista: “La Residenza del Diavolo”… in quanto la trama si ispira ad un sogno ricorrente dello studente… Può un film essere la causa di due delitti, o addirittura di cinque?… Possiamo veramente sospettare il Professor Adam Aryen di omicidio premeditato?
Se fosse lui l’assassino, per quale motivo avrebbe colpito tre persone che in qualche modo hanno avuto contatto con lui?… Certo è strano che tre delle vittime siano sue conoscenze, ma questo non prova che sia lui il “Mostro di Parigi!”… Da quando è stato ucciso Blaise Leroux, il nostro giornale ha attivamente partecipato alla ricerca del mostro, anche se al Dipartimento di Polizia che si occupa del caso abbiamo incontrato parecchia reticenza… si rifiutano di darci maggiori informazioni e non ci permettono di vedere i risultati delle autopsie eseguite… anche se è probabile che dalla prossima autopsia dovranno procurarsi un altro patologo, perché… Benoit Arçon… il patologo legale che si occupava di questo caso, è scomparso stamattina, o ieri sera… non sappiamo ancora con precisione… in circostanze misteriose… Come gli altri, del resto!
L’Ispettore Malin, che si occupa di questo caso, incarica i suoi agenti di dire che presto troveranno il colpevole… intanto la gente continua a sparire, come se un’epidemia avesse invaso la città.
Possiamo credere nella protezione della legge oppure dobbiamo aver paura anche all’interno delle nostre case di questo mostro?… Ci chiediamo, quanta gente dovrà ancora morire prima che la polizia trovi il modo di fermarlo?
La sola risposta che possiamo darci è che il giovane Ispettore incaricato di indagare stia brancolando nel buio con tutto il suo dipartimento… Ancora non siamo riusciti ad avvicinare Jordan Malin… Forse non vuole pronunciarsi?… Però questo suo atteggiamento dà da riflettere ai parigini.
Dove si nasconde la verità?” –
Il direttore del giornale, dopo aver finto di leggere l’articolo di Diane, alzò la testa per osservarla; quindi esclamò – Non male!… Sei veramente convinta che così facendo… costringerai l’Ispettore Malin a rivelarti di più?… Onestamente… Diane… non mi è sembrato un tipo che si lasci intimidire facilmente… Potresti ottenere l’effetto contrario!… -
- Almeno un effetto l’otterrò!… - rispose decisa la ragazza. Una luce singolare brillava nei suoi occhi. La morte di Blaise aveva suscitato in lei una forte rabbia nei confronti della legge, particolarmente verso il dipartimento che si occupava del caso. - Sono stanca… - continuò - di correre per la città alla ricerca di qualcosa… che quel dannato Ispettore m’impedisce di trovare!… Se lui è su una buona pista… la gente ha il diritto di saperlo… se invece ha tra le mani un pugno di mosche… si deve fare in modo che il caso passi ad un ispettore più esperto!… Non è possibile che dopo cinque omicidi tutti uguali… non ci siano elementi per sospettare di qualcuno… -
- Attaccandolo in questo modo cosa ti aspetti? -
- Di permettere alla stampa d’essere informata sugli sviluppi delle indagini… Non mi sembra corretto che ci lascino all’oscuro… -
- Stai percorrendo una linea pericolosa, Diane. Hai quasi accusato il Professor Adam Aryen di omicidio premeditato… anzi… “possiamo veramente sospettare il Professor Adam Aryen di omicidio premeditato?”… questo hai scritto sul tuo articolo… Basta e avanza per far arrabbiare il docente e per cacciare te nei guai!… Non possiamo pubblicare simili parole… senza un briciolo di prova… E se anche tu avessi ragione… rischi di ostacolare la polizia con simili dichiarazioni… Diane!… Io capisco che la morte di Blaise ti abbia sconvolto, ma non puoi rovinarti in questo modo… devi riflettere… Non è professionale questo articolo… devi riscriverlo… -
- Vorrebbe dirmi che non lo fa stampare? -
- Sì, Diane!… Con queste dichiarazioni ti giochi la posizione giornalistica che ti sei fatta… e forse anche la vita… Se Blaise è morto, c’è senz’altro un motivo dietro… col tuo acume non ho dubbi che potresti infastidire l’assassino… senza contare che ti fai due nemici potenti e pericolosi… Jordan Malin e Adam Aryen!… Ti consiglio di andarci cauta… Perché invece di attaccare così aspramente l’Ispettore non provi ad avvicinarlo, magari con la dolcezza che ti distingue dagli altri, e gli illustri le tue opinioni sulla faccenda… i tuoi sospetti sul Professore… Potresti scoprire se questi sono validi o meno… -
- Mi sta suggerendo di fare gli occhi dolci all’Ispettore? – chiese risentita Diane.
- No!… Ti sto suggerendo di riflettere bene prima di buttarti giù dal precipizio!… Le tue accuse non hanno basi solide… se accetto di stampare quello che hai scritto divento tuo complice volontario… nella tua disfatta… Ho già perso un valido elemento in Blaise… non posso rischiare di perdere anche te!… T’invito ad adottare un atteggiamento diverso… - Lo sguardo severo dell’uomo non lasciava dubbi sul suo pensiero.
Diane sorrise. Con un gesto elegante ricacciò indietro una ciocca dei lunghi capelli. Fissò il cielo plumbeo attraverso la finestra dietro la poltrona del direttore: pensò che il colore dell’atmosfera era in perfetta sintonia col suo umore. Si alzò lentamente dalla sedia e amaramente disse – Ho sempre creduto che in questo giornale si rispettasse la libertà di stampa… ma quello che lei ha appena detto, mi spinge a pensare altrimenti… Credevo che la bravura fosse la sola cosa a contare per farsi strada… ma vedo che non è così!… D’accordo, Capo!… Ingoierò per qualche giorno le parole che vorrei sbattere in faccia a quei due… proverò a parlare con l’Ispettore e gli esporrò i miei sospetti… ma… se mi dovessi accorgere che è un inetto… mi permetterà di pubblicare l’articolo? –
- Affare fatto!… Prometti che sarai obbiettiva? -
- Certamente!… Sarò la giornalista più professionale che si sia mai vista!… Ora vado a scrivere un nuovo articolo per l’edizione di domattina… - concluse cinicamente. Non era affatto contenta di quello che le aveva detto il direttore, anche se doveva ammettere che aveva ragione.
Un gelido sorriso si disegnò sulle belle labbra di Diane, mentre con passo svelto usciva dall’ufficio.

- “Too late, my time has come... Sends shivers down my spine... Body’s aching all the time... Goodbye everybody – I’ve got to go... Gotta leave you all behind and face the truth... Mama, ooo... I don’t want to die... I sometimes wish I’d never been bom at all... I see a little silhouette of a man... Scaramouch, scaramouch will you do the Fandango... Thunerboult and lightning – very very frightening me... Gallileo,Gallileo... Gallileo,Gallileo… Gallileo figaro – Magnifico… -
Le note di “Bohemian Rhapsody” accompagnavano Diane nel traffico Parigino dell’ora di pranzo.
La “Yaris” procedeva lenta mentre le mente della ragazza continuava a cercare una strada per incappare nell’autore degli omicidi.
- “Forse ha ragione il direttore… Dovrei provare ad avvicinare l’Ispettore… tutto sommato, si prendono più mosche col miele che con l’aceto… Attaccandolo in quel modo… ottengo solamente il suo risentimento e probabilmente… anziché tenere informata la stampa… ci precluderà questo diritto!… E’ anche possibile che sia immerso nella confusione e nello stress più totale… Non escludo la possibilità che si senta impotente di fronte a questo caso… Sono una stupida!…
Come ho potuto dimenticare la mia obbiettività?… Che articolo di merda ho scritto?… Stupida! stupida! e ancora stupida!… E dire che Blaise mi ha sempre predicato che la rabbia è cattiva consigliera, come la fretta!… Povero Blaise… pensava che grazie a lui… anzi ne era proprio convinto… che fossi l’allieva giusta a cui insegnare i trucchi del mestiere… e io alla prima occasione mi comporto come una scema…Tutto sommato… perché l’Ispettore non dovrebbe condividere i miei stessi dubbi sul Professor Aryen?… Deve avere dei sospetti… Si nasconde dietro il “No Comment”… per non farsi sfuggire il colpevole… Ma… Rieccomi qui a fare la collegiale, con i miei discorsi infantili… Stupide parole inespresse che non portano a niente… Ah!… Ma che fa quell’idiota?… Tagliarmi la strada a quel modo… è… è da incoscienti!…” – Una smorfia di disappunto sul viso ed il piede pigiato sul freno, così si ritrovò Diane.
Sbalordita, si osservò nello specchietto retrovisore: era rossa di rabbia… Non certo per il pilota della “Opel Speedster Nera” che l’aveva costretta a frenare così bruscamente… Non era il tipo che si lasciasse agitare per così poco… I suoi pensieri continuavano a rimanere fissi su Blaise, il suo Assassino, il Professore, l’Ispettore e il suo dannatissimo articolo.
La luna piena con diafano candore si specchiava placidamente nelle acque della Senna. Jordan osservava quel suggestivo spettacolo affacciato al parapetto del “Pont Neuf”… Nei suoi occhi c’era una profonda afflizione.
I giorni si susseguivano veloci e uguali. Il dipartimento era ormai invaso da cittadini impauriti che cercavano protezione, dai giornalisti insistenti, i quali pretendevano risposte alle loro domande. Lavorare, era diventato veramente difficile.
La casa di Immanuel era il solo luogo ancora tranquillo… Persino Parigi in quel momento sembrava prendersi gioco do lui.
- “Se continuiamo ad andare avanti così, i giornalisti ci annienteranno… Cazzo!… Sono ormai due mesi e mezzo che questo tizio ci tiene sulla corda… Va bene!… L’ho capito che fa dei riti… A quale scopo?… Quante altre vittime gli occorrono per giungere al termine di quest’orrida farsa?… Aveva ragione Immanuel, quando mi ha detto che avrei fatto cilecca interrogando il Professore… Il nostro incontro si può riassumere in una sola parola… “Denigrante”!… Più per me che per lui!… Era così… sì, così stupito… dalle mie parole… ma non ignaro dei miei sospetti… mi è quasi sembrato che aspettasse la mia visita… E’ stato così gelido… quando ha risposto a tutte le domande che gli ho fatto… però… Come si può andare da uno come lui per dirgli che lo sospetti di omicidio?… La sua gentilezza affettata non mi ha ingannato per molto… Le sue parole erano cariche di rancore quando mi ha detto…“Ispettore Malin… lei non si rende conto di cosa dice!… Può spiegarmi per quale motivo avrei ucciso cinque persone… di cui due così vicine a me, e una che mi aveva intervistato poco tempo fa?… Non è un po’ insolito, che, con tanta gente in città, un assassino scelga delle vittime che possono essere facilmente collegabili a lui?… Ho l’impressione, Ispettore… di non starle molto simpatico… Ma… questo è un problema suo… non mio!…” Ha dannatamente ragione, su tutta la linea… perché non sono riuscito a dirglielo?… Invece, come un’imbecille, mi sono dimenticato di Immanuel e… ho proposto al Professore di aiutarci con tutto lo staff del suo laboratorio… Meno male che lui ha rifiutato… altrimenti con quale faccia mi sarei presentato ad Immanuel?… Di idioti come me, ne nasce uno ogni tre secoli… Sarà meglio tornare a casa… Dovrei cercare di rilassarmi con un po’ di musica, come fa Immanuel… Come Diavolo farà a restare calmo?… Ultimamente è così apatico… Questo caso ci sta logorando troppo… E intanto Arianne non torna… nemmeno tra le tante vittime!… Tutto questo è molto strano… troppo strano…” -
Con la punta degli stivali colpì leggermente il parapetto ai suoi piedi, poi infilò una mano nella tasca dei pantaloni, si girò e si avviò verso l’auto. Pochi passi lo separavano dalla “Peugeot”.
Aprì la portiera e si sedette al posto di guida, automaticamente accese la radio, vi infilò il nastro e le note di “Bohemian Rhapsody” si diffusero nell’abitacolo. Un lieve sorriso increspò le sue labbra. Fece girare la chiave nel cruscotto e partì dolcemente.
- “E’ davvero bella, questa canzone… Non ho mai ringraziato Immanuel per avermela fatta conoscere dieci anni fa!… Speriamo che queste note riescano a farmi dimenticare… almeno per questa sera, l’incontro di oggi con Adam Aryen …” – pensò continuando a sorridere amaro.

lunedì 20 febbraio 2012

" La Residenza del Diavolo " Capitolo VIII - I Sospetti Dell'Ispettore



-“Is this the real life… Is this juts fantasy… Caugh in a landslide... No escape from reality... Open your eyes... Look up to the skies and see... I’m just a poor boy, I need no sympathy... Because I’m easy come, easy go... A little high, little low... Anyway the wind blows, doesn’t really matter to me... to me... Mama, just killed a man... Put a gun against his head... Pulled my trigger, now he’s dead... Mama, life had just begun... But now I’ve gone and trhown it all away... Mama, ooo... Didn’t mean to make you cry... If I’m not back again this time tomorrow... Carry on, carry on, as if nothing really matters... Too late,my time has come...”-
Un bussare forte alla porta fece sussultare Immanuel. Il ragazzo, dimentico del tempo, stava rivivendo la serata passata con Juliette poche ore prima. Malgrado avesse udito il campanello suonare, non si era mosso dalla sua camera; anche adesso, nonostante i colpi alla porta si facessero insistenti, non riusciva a credere che fossero reali, a quell’ora del mattino.
Jordan non attese che Immanuel rispondesse. Aveva fretta di parlare col collega, percui, subito dopo aver bussato, aprì la porta. Pensava di trovarlo ancora a letto. Invece Immanuel era vestito, seduto accanto allo stereo nella sua posizione preferita.
-“Bohemian Rhapsody”?… - domandò Jordan chiudendo la porta - Sei in vena di reminiscenze?… -
- Diciamo di sì!… E’ la canzone dei “Queen” che preferisco… - rispose di riflesso Immanuel. Lanciò un occhiata all’orologio sul comodino: segnava le sei e venti; quindi indirizzò uno sguardo interrogativo su Jordan - …Problemi? -
- Sì!… - esclamò Jordan togliendosi la giacca con gesti veloci ed impazienti - Il nostro “Caro Assassino” ci ha consegnato un'altra vittima… -
- Sei sicuro che sia opera sua? -
- Sì!… Identico sistema… sgozzata e sventrata… Galleggiava tranquillamente sulla Senna… -
Gli occhi di Immanuel s’incupirono. Jordan aveva parlato con ironia, ma il suo sguardo verde tradiva un groviglio di emozioni contrastanti.
- La vittima è di tua conoscenza… vero? -
- Sì… – sussurrò Jordan.
- Vuoi un bicchiere d’acqua, o preferisci qualcosa di più forte? – domandò Immanuel spegnendo lo stereo. Il tono della sua voce era calmo e comprensivo, ma le sue mani tremavano per il disappunto.
- Vorrei qualcosa di forte! – rispose Jordan. Nonostante si sentisse avvilito, aveva notato l’agitazione del collega. – “Perché ho l’impressione…” - pensò l’ispettore mentre aspettava il ritorno del ragazzo – “…che Immanuel sappia… che il cadavere non è quello di Arianne?… Ho capito benissimo che non è contento di questo nuovo omicidio… però…” -
- Eccoti un Cognac… Ti aiuterà a riprenderti! -
- Grazie! Non vuoi sapere chi è la vittima? -
- Certo che voglio saperlo… dall’espressione del tuo viso… deduco che la cosa ti abbia sconvolto parecchio… percui ho pensato di risollevare il tuo morale… Sei ancora vivo! … Questa volta non voglio perdere tempo… io sono pronto… Appena avrai finito di bere, andremo all’obitorio del dipartimento… devo cercare di avere un contatto con l’assassino, adesso!… -
- E’ Blaise!… Il mio amico giornalista! – esclamò Jordan, bevendo in un sorso il liquore.
- Perché lui?… In quale modo può essere collegato con quel film?… O con il ragazzo?… Pensavo fosse il regista, la vittima… Non capisco… -
- Nemmeno io!… Vogliamo andare?… Non vedo l’ora di risolvere questo caso… dobbiamo trovare questo pazzo… prima che… -
- Sono d’accordo! -


L’insistente squillo del telefono costrinse Diane a riemergere dall’abbraccio di “Morfeo” .
- Sì?!? – rispose. La voce impastata di sonno aveva un suono roco e basso. All’altro capo, l’ormai nota voce del titolare del giornale, a differenza della sua, era ben sveglia e autoritaria.
- Diane… - cominciò l’uomo - …scusa per l’ora… Ho pensato che questo scoop ti toccasse, visti i rapporti che c’erano tra te e Blaise… -
- E’ tornato a casa?… - chiese la ragazza improvvisamente sveglia, accendendo l’abat-jour sul comodino, e lanciando un’occhiata all’orologio che aveva al polso.
- …Non proprio… però sappiamo dov’è! -
- Gli è successo qualcosa?… Blaise sta bene… vero? -
- Adesso… sì!… Lo hanno trovato pochi minuti fa… galleggiava sulla Senna… Mi spiace, Diane… Io… -
- E’ morto!… Blaise è morto! -
- Sì… Se non ti senti di occuparti dell’articolo, comprenderò… mi è sembrato corretto darti l’opportunità di scegliere… prima di mandare qualcun’altro… Non sei obbligata se… -
- Ha fatto bene a chiamarmi… Il tempo d’indossare qualcosa e poi… mi reco sul posto… Dov’è stato ritrovato? -
- Vicino alla stazione di “Lyon”… prima del ponte… all’altezza di “Boulevard de la Bastille”… Ti ripeto… se non te la senti… posso incaricare qualcun’altro… -
- No!… Vado io… Blaise era un amico… voglio fare qualcosa per smuovere quegli idioti della polizia… dovranno decidersi a lavorare, prima o poi… Ci sentiamo più tardi… devo sbrigarmi, se voglio arrivare in tempo… - concluse in fretta Diane.
Decisamente quel dannato ventuno febbraio era iniziato nel peggiore dei modi… Diane sollevò con rabbia le coperte e scese dal letto: la camera ordinata era ancora calda. A piedi nudi la ragazza si diresse verso il bagno attiguo. Il corpo agile e snello era adamitico. Si passò una mano sulla testa scompigliando i lunghi capelli neri mentre con l’altra apriva la porta del bagno. La luce artificiale dello specchio la infastidì… Decise d’ignorarla.
S’infilò nella doccia e fece defluire l’acqua calda. Per alcuni secondi acqua fredda scivolò sul suo corpo, un brivido gelido finì per svegliarla…poi il calore divenne quasi insopportabile… infine, scelta la temperatura giusta, s’insaponò freneticamente. Si risciacquò, e in pochi minuti fu fuori dal bagno. Mentre si asciugava e si vestiva non poteva fare a meno di pensare a Blaise.
- “Non riesco a capire… cosa può aver fatto di tanto grave da meritare la morte… tra i suoi appunti io non ho trovato niente di scottante… Forse sono io che sono idiota… però, ultimamente, la sua attenzione era tutta per il professore… Non posso credere che il signor Aryen abbia capito che presto Blaise sarebbe tornato alla carica… Anche se così fosse… non è un valido motivo per uccidere un uomo… O lo è?… Che Martedì del cavolo… Ma tu guarda se questa è l’ora di rompere i coglioni a qualcuno!… E se il professore dei miei stivali… avesse ucciso Blaise?… Io come potrei provarlo?… Di certo non minacciandolo… Minacciarlo io!?!… Se finora non sono riuscita ad ottenere neanche un appuntamento… Quello è un duro… non cede… sembra scolpito nel marmo…” -
Si muoveva velocemente nella stanza moderna, come sempre quando aveva un articolo importante da scrivere.
Era già pronta!
Si guardò allo specchio dell’armadio della camera da letto: sorrise soddisfatta del risultato. I pantaloni di panno neri dal taglio classico, gli stivali in tinta col tacco alto, il maglione sagomato verde acqua, che faceva risaltare il verde smeraldo dei suoi grandi occhi, e i capelli neri liberi sulla schiena. Infine indossò il lungo cappotto nero, prese la borsa e uscì con passo leggero e rapido dalla stanza. Pochi passi nell’ingresso e presto fu fuori, sul pianerottolo. Scese quasi a precipizio le scale.
Fuori, la strada era ancora semideserta. Aprì la portiera della sua nuova “Toyota Yaris”nera e si sedette al posto di guida.

- Buongiorno, Ispettore Malin!… Posso esserle di qualche aiuto? – Il patologo legale guardava Jordan con un misto di comprensione e curiosità. Qualcuno gli aveva già detto che il corpo a cui si apprestava a fare l’autopsia era stato d’un amico del giovane Ispettore.
- Sì!… Dovrebbe farmi la cortesia di accompagnare il mio qui presente amico… - rispose Jordan indicando con la mano Immanuel - …nella sala dove è stata portata la vittima… che abbiamo rinvenuto qualche ora fa… e… lasciarlo solo… Io… - concluse rivolto al ragazzo - Ti aspetto qui… Non mi sento… in grado di rivederlo! -
- Ti capisco!… Cercherò di far presto… -
In silenzio Immanuel seguì il patologo per il lungo corridoio dell’obitorio del dipartimento. Le luci artificiali erano forti e fastidiose: davano all’ambiente un’aria caustica e nefanda. Nonostante quella non fosse la prima volta che Immanuel veniva costretto dal lavoro a recarvisi, la sensazione che avvertiva era sempre la stessa. Uguale ansia… Identica mancanza d’aria… Dolore quasi fisico, seguito da una forte nausea… Il suo odorato particolarmente sensibile riusciva a distinguere il puzzo dei cadaveri… come se nella sua vita li avesse avuti sempre accanto.
Quando il patologo aprì la porta della sala dove si trovava Blaise, Immanuel, veloce, attraversò l’uscio facendo una smorfia.
- Grazie! Ora può andare… se avessi bisogno, la chiamerò… - lo apostrofò il ragazzo richiudendo la porta, senza dare al patologo il tempo di dire nulla.
Con passo sicuro Immanuel si avvicinò al tavolo dov’era stato deposto Blaise. Sollevò il telo che lo ricopriva, portando alla luce la parte superiore del corpo. Il taglio profondo sul collo era evidente e pulito, l’acqua della Senna aveva lavato via il sangue col risultato di far gonfiare velocemente il cadavere.
Gli occhi nocciola di Blaise erano sbarrati, puntati sul soffitto della sala… il viso irrigidito in una smorfia di terrore… lo squarcio sul petto che partiva dalle prime costole, sotto il collo, e arrivava quasi al bacino, era orribilmente aperto. Le interiora erano già in avanzato stato di putrefazione: ciò stava a significare che l’uomo era morto da almeno un paio di giorni. Da quel che poteva vedere Immanuel, il taglio era stato preciso e liscio… la lama doveva essere affilatissima… probabilmente si trattava di un pugnale.
La nausea di Immanuel cresceva vertiginosamente, il suo primo impulso fu quello di scappare via… Stava quasi per obbedirgli, ma si trattenne.
Avvicinò una mano tremante al collo di Blaise e ve la poggiò. Il corpo era freddo e duro, sembrava di plastica. Ancora una volta il ragazzo si fece forza, per continuare il suo lavoro.
I suoi occhi verdi divennero vitrei, il pallore del viso era superato soltanto da quello del cadavere sul tavolo. La sua mente era ormai lontana.
- Ora vedo… - sussurrò Immanuel, continuando a restare immobile e lontano - …la mano che sta per colpirti… Il pugnale sacrificale è nella delicata mano di una donna… E’ decisa a ucciderti… ma non è la stessa mano che ha ucciso il ragazzo!… Sta eseguendo un rituale… Non riesco a decifrarne le parole… Il suo volto è ancora coperto dalla nebbia… Nooooooo!!!… - l’urlo era quasi strozzato - Basta!… Fermati!… -
Immanuel ritrasse la mano… come se una rapida scossa avesse attraversato il suo corpo… La velocità di quel gesto sbilanciò il ragazzo a tal punto che egli si ritrovò per terra, poco distante dal tavolo.
L’urlo era stato forte, in pochi minuti il patologo aveva raggiunto la sala.
- Cosa succede? – chiese l’uomo.
- Niente!… Ho sollevato il telo e… ho visto le ferite… Non è nulla… Può farmi la cortesia di ricoprirlo?… - La voce di Immanuel era tremula, il suo sguardo stravolto.
Il patologo lo guardava esterrefatto: non riusciva a capire perché il ragazzo fosse così turbato. Nonostante Immanuel gli avesse chiesto di ricoprire Blaise, l’uomo non poteva risolversi a muoversi.
Immanuel si alzò lentamente da terra e con passi incerti uscì dalla sala. L’aria del corridoio non era migliore. Con passo pesante e incerto egli s’incamminò per raggiungere Jordan.

- “I see a little silhouette of a man... Scaramouch, scaramouch will you do the Fandango... Thunderbolt and lightning – very very fightening me... Gallileo, Gallileo... Gallileo, Gallileo… Gallileo figaro – Magnifico… But I’m just a poor boy and nobody loves me... He’s just a poor boy from a poor family... Spare him his life from this monstrosity... Easy come easy go, will you let me go... Bismillah! No,we will not let you go – let him go... Bismillah! We will not let you go – let him go... Bismillah! We will not let you go – let him go... Will not let you go – let me go... Will not let you go – let me go... No, no, no, no, no, no, no, no… Mama mia mama mia, mama mia let me go… Beelzebub has a devil put aside for me, for me – for me... So you think you can stone me and spit in my eye... So you think you can love me and leave me to die... Oh Baby – Can’t do this to me baby... Just gotta get out – just gotta get right outta here...” -
Lo squillo del telefono non permise ad Adam di godersi la fine “Bohemian Rhapsody”. Stancamente si alzò dalla poltrona del salotto, per andare a rispondere, dopo aver abbassato il volume dello stereo col telecomando.
- Sì! -
- Adam, hai sentito le ultime notizie? -
- Di che notizie parli, Charles? -
- Immaginavo che ne fossi all’oscuro… E’ stato ritrovato Blaise Leroux… il giornalista che ti ha intervistato… e che era scomparso una settimana fa… -
- Bene!… Così ora quella sua collega mi lascerà in pace… -
- …Non credo!… Il cadavere di Blaise galleggiava tranquillamente sulla Senna… E’ stato sgozzato e sventrato… E’ un’intera giornata che ne parlano, i giornali e la televisione… Com’è possibile che tu non ne sappia niente? -
- Sono tornato da poco… Ti avevo detto che oggi dovevo recarmi fuori città… Stavo rilassandomi davanti ad un bicchiere di Cognac, ascoltando un po’ di buona musica… prima di cenare… Comunque, cosa c’entra con me questa notizia? -
- Madeleine mi ha detto che quella giornalista voleva parlare con te… forse pensava che tu fossi coinvolto nella scomparsa dell’uomo… Ora che lui è morto… Adam, penso che faresti bene a lasciarti intervistare da quella giornalista. Sai com’è… -
- No, Charles. Non so com’è... Io non mi abbasso a certi livelli… Il fatto che questo tizio mi abbia intervistato una volta… non fa di me un assassino!… O sbaglio? -
- Tu hai ragione… ma… -
- Nessun ma!… Io non temo niente… Sono un normalissimo parapsicologo che fa il suo lavoro… Un cittadino libero come tanti altri… Perché avrei dovuto ucciderlo?… Quali prove ci sono contro di me?… I sospetti di un’isterica giornalista non provano niente… -
- Questo è vero, Adam… Ma se la polizia inizia a girarti intorno… Il nostro laboratorio potrebbe perdere di credibilità… -
- “Il Laboratorio” esiste grazie a me, Charles!… - asserì Adam. I suoi occhi verdi si restrinsero pericolosamente e la sua voce divenne autoritaria e fredda. Anche se Charles non poteva vederlo, intuì dalle parole e dal tono di voce che Adam era furioso. - Se io ti dico, che non temo niente… vuol dire che è proprio così!… Né tu né i tuoi dannatissimi colleghi avete nulla da temere… E non vi potete permettere di dubitare della mia parola. Ripeto: questa notizia non mi tocca minimamente… e… a questo punto… non mi dispiace neppure che il giornalista sia morto!… Avrà pestato i piedi sbagliati, e così lo hanno fatto tacere!… Punto! Discorso chiuso! Ora, se vuoi scusarmi… sono stanco… e domani ho una giornata pesante… Buonanotte, Charles! – con violenza il professore sbatté la cornetta, interrompendo la chiamata.

- Va meglio ora? – chiese Jordan a un pallido Immanuel.
- Sì!… Mi spiace per stamattina… Ma quella mano era talmente vicina e realistica… per un attimo mi è sembrato di essere io, la vittima… -
I due colleghi erano stati insieme tutta la giornata, passando dall’appartamento di Blaise al Dipartimento di polizia, sperando di trovare nuovi indizi.
Immanuel sosteneva che gli assassini fossero due, nonostante le vittime presentassero le stesse ferite e probabilmente dietro i due omicidi ci fosse il medesimo rituale. Jordan non era molto d’accordo con lui, ma certo non poteva provare di aver ragione.
Ora erano seduti al tavolo di un Bistrò. Avevano mangiato qualcosa, anche se il loro stomaco era chiuso e la nausea non li abbandonava ancora. Il caffè che avevano ordinato era ormai freddo, ma nessuno dei due ci faceva caso.
- Credo… - continuò Jordan - …che andrò a far visita al professor Aryen!… E’ una delle ultime persone che lo ha visto vivo… forse farò un buco nell’acqua… ma comunque, devo pur cominciare da qualche parte… -
- Concordo con te!… Sul buco nell’acqua… Dopo di lui lo avranno visto altre persone… per più tempo, e con più attenzione del professore… - sentenziò Immanuel.
- So che è stato tutta la giornata nella sala stampa del Jour de France… Si è assentato solo per la pausa pranzo!… Quindi, non ci sono molte persone che l’hanno visto dopo del professore… a parte la sua collega… che si sta occupando del caso… e gli operatori della sala stampa… -
- E’ una donna che lo ha ucciso!… La mano che ho visto era di una donna… In che lingua devo dirtelo?… -
- Andrò comunque a trovare il professore! -
- Perché? -
- Perché non mi piace la sua faccia! -
- Sei a conoscenza di qualcosa che io ignoro?… Sospetti che l’assassino sia lui? -
- Il sospetto c’è! Ultimamente sospetto di chiunque… per il resto, quello che so io, sai tu… niente di più! -
- Allora non puoi indagarlo, e neppure interrogarlo… Non è il professore che ha cercato Blaise, ma viceversa… l’aver concesso un’intervista non fa di lui un omicida… Penso invece che sia meglio tornare a casa… Siamo stanchi… domani… vedremo le cose in modo diverso! -
- Hai ragione, siamo stanchi!… Puttana Eva! Proprio qui a Parigi doveva capitare questa, o questo squilibrato?… Non si trovava un’altra città per le mani? -
- Calmati, Jordan!… Lo troveremo! – esclamò Immanuel alzandosi e indossando la giacca di panno nera. L’Ispettore lo imitò, infilando anch’egli la giacca. Quindi, dopo aver pagato ognuno il proprio conto, uscirono dal Bistrò e si diressero verso le loro auto.
Le facce dei due esprimevano perplessità mista ad impotenza.
Si salutarono dandosi appuntamento per l’indomani mattina e si avviarono verso le proprie case.

venerdì 3 febbraio 2012

" La Residenza del Diavolo " Capitolo VII - La Seconda Vittima



Madeleine bussò alla porta dello studio di Adam. Aveva avuto una giornata pesante e non vedeva l’ora di uscire in strada, per rimescolarsi alla gente.
- Avanti! – rispose Adam dall’interno.
La ragazza aprì la porta e si diresse verso la scrivania del professore.
- Stai andando via, Madeleine? – chiese lui, calmo, prevenendola.
- Sì!… Sono stanca… vorrei tornare a casa… - rispose la segretaria - Poco fa a ritelefonato quella giornalista…“Diane Dégel”… voleva un appuntamento… Ha detto che vorrebbe parlarle al più presto… mi ha chiesto di riferirle che è una collega di “Blaise Leroux”… il giornalista che è scomparso giorni fa… -
- Le hai detto che non voglio intorno giornalisti? -
- Sì, certo!… Ma la signorina ha risposto… che… se lei si rifiuta di vederla… andrà alla polizia per sporgere denuncia. -
- Contro di me? – rise Adam alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi alla ragazza – Con quale accusa? -
- Rifiuto di collaborazione!… Mi è sembrata molto seria… Forse dovresti… scusi… dovrebbe concederle un appuntamento… I giornalisti possono diventare fastidiosi… - suggerì Madeleine.
- Lo so!… - rispose Adam passandole un braccio dietro la schiena e poggiandole la mano sul fianco, un gesto divenuto naturale ormai da settimane, quando i due rimanevano soli - Posso offrirti la cena… o sei troppo stanca per pensare a me? -
Madeleine avvertì attraverso il maglione il calore della mano di lui; la sua stretta la eccitava, dimostrandole che il pensiero di Adam era rivolto al “dopo cena”.
Alzò su di lui uno sguardo tenero. Adam lo ricambiò mentre con l’altra mano le accarezzava il collo bianco e sottile.
- Non ti piace la mia idea? – le chiese sottovoce.
Gli occhi castani di Madeleine continuavano a fissarlo, quasi lo invitavano ad aumentare le sue carezze; le sue labbra restavano mute.
Finalmente Adam appoggiò entrambe le mani sui fianchi della ragazza, le sue labbra calde si avvicinarono al collo di lei e iniziarono a baciarlo dolcemente. Lentamente si spostarono sulla guancia e poi baciarono avidamente la bocca tremante di Madeleine. Le mani s’insinuarono sotto il maglione e cominciarono ad accarezzarle la schiena nuda, il ventre piatto, il seno rotondo e sodo, facendole inturgidire i capezzoli, risvegliandole i sensi. Il tocco era esperto, come sempre, percui la ragazza sentiva l’eccitazione crescerle dentro.
- Allora? – chiese Adam, continuando ad esplorarla sotto il maglione.
- Non sarebbe meglio… se andassimo direttamente a casa mia?… Preparo qualcosa e… -
- Preferisco cenare fuori… A casa tua possiamo andarci dopo. -
- Va bene. – rispose Madeleine riluttante.
Cenare fuori, in mezzo a tanta gente.
L’idea non le piaceva molto, in un ristorante non poteva sbilanciarsi in effusioni romantiche: ad Adam non piaceva che la gente li notasse… nel suo piccolo appartamento, era più caldo ed affettuoso con lei… ma fuori…
- “Pazienza!”- pensò Madeleine, mentre con passo tremante tornava nell’altra stanza, per prendere la borsetta e indossare il cappotto.

Il suono insistente del campanello costringe Immanuel ad allontanarsi dal computer.
Dopo un paio di giorni di requie, il suo pensiero è tornato al lavoro.
Prima di uscire dalla sua stanza per andare a rispondere al citofono, lancia un’occhiata alla radio-sveglia sul comodino: l’orologio al quarzo segna le venti e quarantacinque.
- “Chi può essere a quest’ora?”- si chiede il ragazzo, perplesso.
Non possono essere i suoi genitori: sono usciti da pochi minuti e dietro molta insistenza da parte sua. Non può essere neppure Jordan: quando era passato nel pomeriggio, gli aveva detto di avere un impegno per quella sera.
- Chi è? -
- Immanuel, sono Juliette! -
Il ragazzo spinge irritato il pulsante per aprire il portone, poi fa scattare la serratura della porta ed esce sul pianerottolo, dove attende che la ragazza lo raggiunga al terzo piano.
- Come mai sei venuta a trovarmi? – le chiede, senza nemmeno darle il tempo di riprendersi dalla fatica delle scale.
- Volevo vederti! -
- Se i miei genitori… -
- I tuoi genitori non sono in casa, lo so!… Ho telefonato nel pomeriggio per avere notizie di Arianne… Tua madre mi ha detto che ancora non ve ne sono di nuove… Piangeva… Per tirarle su il morale le ho detto che sarei passata stasera per stare un po’ con lei… mi ha risposto che doveva andare a cena da sua sorella… che tu avevi insistito perché uscisse un po’ di casa… Dentro saresti rimasto tu… così, se fosse stata necessaria la presenza di qualcuno… lei non avrebbe dovuto preoccuparsi!… - lo sguardo limpido ed azzurro di Juliette fissava Immanuel, cercava approvazione da parte del ragazzo e forse anche un po’ di calore umano. - Volevo rivederti… - continuò - …Sapere come stai!… Ho atteso qui fuori che i tuoi uscissero… poi ho suonato… Se disturbo… posso andarmene… - concluse con un filo di voce. Distolse lo sguardo velato di lacrime e si voltò per andarsene. – Scusa! Ho sbagliato a venire fin qui… -
Immanuel fu più veloce del passo incerto di Juliette: in un attimo le aveva circondato la vita con le braccia e ora la stringeva a sé. Le spalle piccole di lei si appoggiarono al petto del ragazzo. Poi Immanuel la fece girare su se stessa per guardarla in viso. Le scale erano ormai buie.
- Sarà meglio entrare… - suggerì Immanuel - fa freddo qui fuori! -
Con delicatezza si sciolse da quell’insolito abbraccio e sospinse Juliette verso l’ingresso.
Attraversarono il corridoio e entrarono nella camera di Immanuel. Mentre il ragazzo faceva girare la chiave nella serratura, Juliette tolse il lungo cappotto bianco.
Immanuel la osservò.
La ragazza indossava il vestito lilla che lo aveva tanto colpito al loro primo appuntamento. La seta fasciava delicatamente il suo corpo. Il collo a barca si adagiava soffice ed elegante sulla bianca pelle e graziosamente si chiudeva sulla schiena formando un triangolo. Il corpetto sagomato era morbido sui seni piccoli e rotondi, sulla vita stretta e sui fianchi. La gonna, a metà coscia dal lato sinistro, finiva a punta sul ginocchio destro, combinandosi alla perfezione con un paio di stivali in tinta. I riccioli biondi erano liberi sulle spalle; il trucco, leggero come al solito, dava al suo viso rotondo quel tocco di sensualità che la rendeva cosi desiderabile.
- Perché volevi vedermi? – chiese infine, dolcemente, Immanuel.
- Non lo immagini? -
- Sì. – sospirò rassegnato il ragazzo.
- Allora… perché non inizi? – insistette Juliette mentre con sensualità si avvicinava a lui. Le sue intenzione erano chiare.
Voleva riconquistare il ragazzo.
La seta del vestito accarezzava sinuosamente il seno nudo di Juliette, facendole inturgidire i capezzoli e evidenziando il suo desiderio.
Ora la ragazza era vicinissima ad Immanuel.
Lui rimaneva immobile: la schiena appoggiata alla porta, le braccia abbandonate lungo i fianchi; solo il petto si alzava ed abbassava ritmicamente.
Il corpo di Juliette aderì prepotentemente a quello di Immanuel. Con l’indice destro la ragazza ridisegnava le labbra sottili di lui, fissandole come se fosse ipnotizzata… gli passò la mano provocante dietro il collo per abbracciarlo e, alzandosi un po’ sulla punta degli stivali, avvicinò le calde labbra per baciarlo. Sapeva bene quali emozioni suscitava con quel gesto, e sperava in una sua risposta che non tardò ad arrivare. Immanuel la strinse a sé continuando a baciarla; le sue mani accarezzavano le spalle nude di Juliette, infilandosi voluttuosamente dentro lo scollo del vestito.
Infine si sciolsero da quell’abbraccio e, allontanandola da sé, Immanuel le sussurrò: - Non possiamo farlo… Non mi sembra né il luogo… né il momento giusto… e poi… -
- Di cosa hai paura? – chiese Juliette sorridendo – Di Arianne?… Dei tuoi genitori?… O di tornare con me?… -
- Nessuna paura!… Io non dovrei essere qui con te… è inutile spiegarti… tu non potresti capire, mia giovane e irruente principessa!… Non puoi comprendere… - esclamò Immanuel. I suoi occhi verdi puntualizzavano il dolore e l’angoscia delle sue parole, ma Juliette decise di ignorarli.
- Dici sempre che non posso capire… ma non mi spieghi mai nulla… - rispose mielosa - Adesso io non voglio capire… Semplicemente ti voglio… E ti avrò! -
Con mani esperte si abbassò il corpetto del vestito, e scoprì i seni gonfi e canditi; si avvicinò a lui e con la stessa destrezza fece scivolare le piccole e calde mani sotto la maglietta del pigiama e prese ad accarezzargli il ventre piatto e il petto poco villoso. Le labbra lussureggianti di lei lo invitavano a baciarle e le mani gli sfilavano la maglietta lasciandolo a torso nudo. Il seno caldo di lei si appoggiò sulla pelle bruciante di Immanuel, le braccia strinsero vigorosamente il suo corpo.
I loro cuori battevano forte, quasi all’unisono. Le tempie del ragazzo pulsavano martellanti.
Senza accorgersene, Immanuel abbracciò Juliette e dolcemente s’impossessò delle sue labbra. Pian piano il suo bacio divenne più esigente. Con avidità la lingua di Immanuel esplorava la bocca di Juliette, le mani sfioravano i seni, giocavano con i capezzoli ormai duri. Scendevano lungo i fianchi provocando nella donna brividi di passione. Le labbra aride di lui anelavano al piacere, affannandosi sul seno e sulla bocca.
Ormai il desiderio aveva ghermito il suo corpo, facendogli dimenticare tutto. Non riusciva a controllarsi. Le passò un braccio dietro le cosce ed uno dietro la schiena, sollevandola da terra, e si diresse verso il letto.
Nella stanza c’era un caldo infernale, ma i due giovani non vi prestavano attenzione… erano ormai presi dal desiderio e null’altro più contava… Il fuoco che li bruciava era più forte, più importante di qualsiasi altra cosa.
Immanuel sfilò gli stivali e il vestito a Juliette, per un attimo fissò il corpo nudo disteso sul letto, poi si spogliò anch’egli. Juliette sorrise soddisfatta rendendosi conto della prepotenza del desiderio che aveva suscitato nel ragazzo. Il suo membro eretto non lasciava dubbi.
La ragazza gli tese le braccia invitandolo. Immanuel si distese su di lei e riprese a baciarla: sulle labbra, sul collo, sui seni. Con la lingua disegnò dei cerchi intorno ai capezzoli mentre le mani esploravano il corpo infuocato, il ventre, il sesso, le cosce morbide.
Juliette fremeva di piacere affondando le mani nei folti e neri capelli di lui.
- Come hai fatto… a star lontano da tutto questo… Mhmmm!… - esclamò Juliette, con voce carica di sensualità - …Come puoi aver resistito?… Aspetta… lasciati baciare… non togliermi il piacere di amarti… -
Lo costrinse a stendersi sul letto e comincio a baciarlo sul collo, sul petto, scendendo lentamente sul ventre e sul sesso. Immanuel trattenne il respiro per un attimo, nel momento in cui la bocca di Juliette s’impadronì del suo membro; poi si lasciò sfuggire un gemito di piacere a lungo represso. Il movimento ritmico della bocca e della lingua di Juliette sul pene gli procurava un’emozione indescrivibile… un misto di dolore e piacere.
- Fermati!… - esclamò con voce roca - …Mhmmm!… Non resisto!... -
La ragazza obbedì. – Sapevo che ti mancavano le mie carezze e i miei baci!… Hai bisogno di me … Sono sempre riuscita a farti morire di piacere… E tu riesci a far morire me! … Amami, Immanuel! Fammi vibrare… entra dentro di me… ti voglio… e tu vuoi me! –
Ricominciò a baciargli il ventre, il petto, s’impossessò avidamente della sua bocca. Mentre la sua lingua si intrecciava con quella di Immanuel si adagiò su di lui, sui suoi fianchi, il sesso caldo sul bacino del ragazzo. Immanuel le accarezzava i seni rotondi sormontato dalla pressione delle gambe della ragazza su di lui. Il movimento di lei permise al membro eretto di penetrarla.
- Ahhh!!! – esclamarono all’unisono.
Juliette, con gesti lenti e sinuosi dei fianchi ampi, circuiva il corpo di Immanuel costringendolo a rispondere senza reticenze, impedendogli di sfogarsi.
Infine Immanuel, stremato, approfittando di un momento di distrazione di Juliette, abbracciandola capovolse la situazione. Ora era lei distesa sul letto, lui sopra le baciava il corpo fremente. Lentamente scese sul suo sesso bruciante e umido e con la lingua ne stimolò il clitoride conducendo la ragazza in prossimità dei vertici del piacere.
- Sììì!!!… Dai… Non fermarti Immanuel… Ti prego… Sì!… Mhmmm… dai!… Prendimi… non farmi più aspettare! -
Immanuel alzò la testa per osservarla. S’inginocchiò sul letto, le prese le cosce per sollevarla un po’, prontamente Juliette incrociò le gambe dietro la sua schiena per farsi prendere più facilmente. Un attimo dopo il membro di Immanuel era dentro di lei. Con gesti lenti la invadeva cercando di penetrarla sempre più a fondo, facendola gemere. Poi i movimenti divennero più veloci, i gemiti più alti, quasi fossero grida, finché entrambi raggiunsero l’orgasmo.
Immanuel si distese su di lei per inebriarsi col calore del suo corpo profumato. Era spossato ma soddisfatto.
- Sapevo che avevi bisogno di me! – sussurrò Juliette.
- Avevo bisogno di te… è vero!… Ma non dovrà più accadere… Entrambi volevamo rievocare i vecchi tempi… anche se… Non potranno più tornare… -
- Tu mi ami!… Io lo so che è così … anche tu lo sai… Come puoi dire che non potranno tornare? -
- Sì!… Io ti voglio bene… ma… adesso è diverso… -
- Diverso?… Abbiamo appena finito di fare l’amore… e dici che è diverso? -
- No, Juliette!… Abbiamo fatto sesso… l’amore è un’altra cosa… tu sei venuta a trovarmi per riconquistare il ragazzo che ti ha lasciata… Sapevi che agendo in un certo modo… avresti risvegliato i miei sensi… A letto siamo sempre andati d’accordo… però… il sesso da solo non basta… in un rapporto di coppia ci vuole di più… Per tre anni e mezzo ho cercato di farti capire che nella mia vita… contano molto… il mio lavoro, e la mia famiglia!… E’ ancora così, Juliette… in sei mesi… non è cambiato niente… Tu odi il mio lavoro… e non vuoi che la mia famiglia sappia del nostro rapporto!… Per me sono ancora… importanti entrambi le cose… Finiremo per litigare un’altra volta… Ora più di prima… Io… io non smetterò di cercare Arianne… E tu… non capirai la natura del mio attaccamento a lei… - Immanuel sospirò stancamente, si sedette su un lato del letto e, recuperati gli slip, l’infilò velocemente. Quindi continuò – Rivestiti, che ti riaccompagno a casa… Non voglio che i miei genitori, rientrando, ti trovino qui… Dovrei confessare loro una verità che non è più tale… Francamente… non me la sento di dire loro il falso… e non voglio che intuiscano che fra noi c’è stato qualcosa di cui io non ho mai parlato… Mi pesa essere consapevole che per tre anni e mezzo ho mentito loro spudoratamente… Permettimi il lusso di essere solo io a conoscenza del fatto d’aver mentito… -
- Vuoi dire che questa serata per te non conta niente? – domandò Juliette perplessa.
- Voglio dire… che non può… e non deve… esserci un seguito!… Ora più che mai… - Immanuel andò verso la porta, l’aprì e si diresse verso il bagno.
Juliette rimase distesa sul letto ancora qualche istante, poi si alzò, recuperò gli abiti e raggiunse il ragazzo.
Immanuel aveva appena finito di lavarsi e stava indossando biancheria intima pulita, accennò verso di lei un debole sorriso e la invitò a lavarsi con un gesto della mano; quindi tornò in camera per vestirsi. Mentre indossava il maglione, Juliette lo raggiunse.
Lo sguardo azzurro della ragazza indugiò sul suo petto nudo. – Sei dimagrito parecchio da quando ci siamo lasciati!… - esclamò – Ti mancano… le mie attenzioni… Tu hai bisogno di me!… come io di te… -
- Ho avuto una brutta influenza… e… il lavoro mi ha stressato… Per favore, Juliette… non arrampicarti sugli specchi… non puoi avere l’ultima parola… non questa volta… Mi sei mancata tanto… è vero!… Stavo riprendendomi… dopo stasera… dovrò ricominciare da capo… ma… Vorrei che tu capissi… non abbiamo una visione comune della vita. -
- Due persone che si amano… si amano e basta… -
- Due persone che si amano, dirigono i loro passi nella stessa direzione… Non possono andare una a destra, l’altro a sinistra, e incontrarsi solo a letto… ci deve essere qualcosa che li tiene uniti… Adesso basta!… Abbiamo affrontato questo discorso decine di volte… e il risultato rimane lo stesso… Mettiti gli stivali, il cappotto, e andiamo… E’ quasi mezzanotte… i miei saranno qui tra poco. – concluse spazientito.
Consapevole di essere uscita sconfitta da questo incontro, Juliette obbedì; in silenzio lo seguì giù per le scale e poi in strada.
Non riusciva ad alzare la testa per guardarlo. Meccanicamente si accomodò sulla “Peugeot 206” nera del ragazzo, e aspettò che lui facesse lo stesso.
- Quindi è tutto finito, fra di noi? – chiese, voltandosi a guardarlo.
- Sì, Juliette!… - rispose lui accigliato, girando la chiave nel cruscotto per mettere in moto l’auto. - E’ meglio così… Sotto ogni aspetto… Per Arianne, per i miei genitori… e per il mio lavoro, che ultimamente… sta diventando pericoloso… - teneva gli occhi fissi sulla strada, quasi volesse evitare di guardarla.
- Deduco che non mi hai mai amata… sono stata un passatempo per te? – piangeva.
- Deduci quello che vuoi, se può servire a farti stare meglio!… La verità non è mai una sola… tu hai la tua… io ho la mia… -
Il più tetro silenzio li accompagnò per il resto del tragitto. Si salutarono appena davanti alla porta di casa di Juliette, poi Immanuel risalì sull’auto e ripartì velocemente.

- Ispettore che le succede? – chiese preoccupato un’agente, vedendo l’espressione sgomenta di Jordan.
- Non è niente… tra poco mi passerà… Avete controllato qual è il nome della vittima? -
Era una domanda inutile. Jordan conosceva benissimo la persona a cui apparteneva quel corpo inerte, saturo d’acqua, steso per terra ai suoi piedi. Ma quella era la prassi! Del resto, aveva bisogno di una conferma a ciò che i suoi occhi vedevano… Non poteva essere vero!
Il corpo sgozzato e sventrato di “Blaise Leroux” faceva impressione. Jordan non aveva la forza di guardarlo. Solo pochi giorni prima si erano sentiti per telefono. Blaise, ridendo, lo aveva informato che la scommessa l’aveva vinta lui: era così felice di essere riuscito ad ottenere quell’impossibile intervista… Poi era scomparso, e ora… ora lo avevano trovato che galleggiava sulla Senna, privo di vita.
Non c’erano dubbi che l’assassino fosse stato lo stesso del ragazzo, sul cui stavano indagando.
- “Il nostro amico…” – pensò Jordan – “sta accelerando i tempi… Per uccidere il ragazzo ci ha messo un mese… per consegnarci Blaise… soltanto sette giorni… Perché?” -
Il suo sguardo si fermò sul corpo coperto di Blaise. Egli sentì un brivido gelido corrergli lungo la spina dorsale; si voltò disgustato e si allontanò di qualche passo.
- Ispettore… abbiamo il nome della vittima… si tratta di un giornalista… «Blaise Leroux», del «Jour de France» ... -
- Sì, lo so!… - rispose Jordan amaro - Avete finito con i controlli? -
- Ancora qualche minuto… Quelli della scientifica sono lenti… -
- Cercate di far presto… Allontanate i curiosi e portate via il cadavere… tra poco le strade saranno affollate di gente… cerchiamo di evitar loro quest’orrido spettacolo… Ci vediamo al dipartimento… - Si allontanò velocemente per dirigersi verso la sua auto.
- “Mi spiace, Immanuel…” – pensò Jordan accendendo il motore – “…doverti disturbare alle sei del mattino… ma… non possiamo perdere altro tempo… Spero che tu abbia lo stomaco forte a sufficienza per vedere Blaise… ma soprattutto… che ciò ti aiuti a trovare… il nostro caro assassino…” - .

Malibu

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Memphis

Memphis
Personaggio creato da me in un'altra storia