sabato 18 agosto 2012

I TRE CERVI



Tanto tempo fa, un tempo così lontano che solo nelle fiabe si può trovare, vivevano un Re e una Regina.
Erano brave persone, disponibili e pronti ad aiutare i loro sudditi come meglio potevano.
Il Re ogni mattina faceva il giro della sua città e dei dintorni, passava spesso i pomeriggi nelle terre dei suoi sudditi e si prodigava a dare una mano dove poteva.
La Regina dal canto suo non era da meno, anche lei spesso conversava con le donne della città senza guardare se fossero di sangue nobile o meno, a dir la verità era un poco più altera del marito, ma questo era frutto dell’educazione che aveva ricevuto, per il resto aveva anche lei un cuore buono e gentile. Difatti i suoi pomeriggi la Regina li passava spesso in casa della sua vicina, ( vicina per modo di dire, la Regina abitava pur sempre nel palazzo reale, mentre la sua amica era una popolana come tante e la sua casa non era certo paragonabile al palazzo reale ) insieme ricamavano, conversavano del più e del meno, se la Regina aveva qualche problema ne parlava con la sua amica e altrettanto l’amica faceva con la Regina.
In questo regno fantasioso non esistevano poveri, c’erano sudditi fedeli, ma nessun povero! Certo c’era chi stava meglio e che faticava un poco di più, ma nessuno era veramente povero.
La Regina e la sua amica avevano in comune una cosa molto importante; entrambe erano senza figli. Sembrava che il destino si fosse accanito contro di loro e non concedeva alle due donne la gioia di sentirsi chiamare mamma.
Entrambe le due donne spesso ne parlavano fra loro, si erano sposate lo stesso giorno, entrambe avevano mariti che le adoravano.
Un giorno mentre la Regina ( che chiameremo Larisa ) e la sua amica ( a cui daremo il nome di Layla ) ricamavano in casa di Layla.
- Non trovi che sia davvero strano che proprio noi fra tutte le donne del nostro regno, ancora non abbiamo la felicità di stringere fra le braccia un bambino? – disse Larisa all’amica.
- Forse, ancora non siamo pronte per questo evento! - rispose Layla.
- Ma cosa dici? – rispose Larisa.
Era pur sempre la Regina e non era disposta ad accettare questo genere di risposte.

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Mentre Larisa pensava alla risposta di Layla udirono un leggero bussare alla porta, Layla da padrona di casa andò ad aprire per vedere chi fosse e quando ebbe aperto l’uscio si trovò di fronte un povero mendicante che con voce lenta e cadenzata e umile si presentò dicendo; - Sono un povero uomo che viaggia di città in città per portare un po’ di speranza a chi ne ha bisogno… Se mi fate la carità fra un anno il vostro più grande desiderio si avvererà, di qualunque cosa si tratti esso fra un anno sarà avverato e io passerò da qui tra un anno esatto per accertarmi che così sia, se il vostro desiderio non si sarà avverato, vi restituirò ciò che mi avete donato. –
Layla mossa da compassione per il povero mendicante chiese all’amica di sorvegliare l’uomo mentre lei prendeva qualcosa da dargli.
Larisa che non credeva nelle parole di quell’uomo disse: - Non vorrai davvero credere a quello che dice? Sai bene che queste cose non possono avverarsi, come può un mendicante realizzare il tuo desiderio? – nel frattempo guardava il mendicante che non si era mosso da dove si trovava, era lì inerme che aspettava la decisione della padrona di casa senza aggiungere verbo a ciò che aveva appena detto. Aveva un logoro mantello sulle spalle, i pantaloni laceri e sporchi, come il resto del vestiario, la barba lunga sul mento grigia e lunghi capelli dello stesso colore che incorniciavano un viso scarno e pieno di rughe.
Ma Layla per niente impressionata dal suo aspetto lo guardava con la speranza negli occhi, forse quel vecchio non poteva esaudire il suo più grande desiderio, ma era certa che se lo aiutava ad andare avanti per qualche tempo, facendogli dono di un po’ di denaro sarebbe stato più facile per lei sentirsi a posto con la sua coscienza e poi che male c’era ad aiutare qualcuno che stava peggio di lei?
Così prese delle monete d’oro dal cassetto del comò della stanza da letto le diede al vecchio e disse: - Non sono molti, ma per un poco potrete comprare il cibo che vi occorre per tirare avanti! –
- Grazie bella signora… - disse l’uomo – queste cinque monete per me sono un grande tesoro, perché me le avete donate col cuore. Ripasserò fra un anno e se il vostro più grande desiderio non si sarà avverato ve li restituirò! -
- Non fa nulla! – rispose Layla – Se anche il mio desiderio non dovesse avverarsi potete pure tenere il denaro, capisco bene che il mio desiderio non è una cosa facile da realizzare! -
- Lo vedremo fra un anno! – rispose il vecchio. Poi senza aggiungere altro si voltò e riprese la sua strada.

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- Perché lo hai fatto Layla? – chiese Larisa un poco seccata.
Non credeva affatto che il più grande desiderio dell’amica si sarebbe realizzato, ( quello di avere un bambino) solo perché aveva fatto la carità a quel vecchio vagabondo, neppure voleva che Layla ci credesse tanto da restarci male quando non sarebbe accaduto nulla alla fine dell’anno.
Ma ormai sembrava che il danno fosse già stato fatto e non c’era modo di tornare indietro.
- Non pensare che io sia tanto stupida da credere alle sue parole… - rispose Layla con un sorriso benevolo – Ma quell’uomo era ridotto davvero male. Non hai visto com’era vestito? Non ti sei accorta che erano giorni che non mangiava decentemente? Ho solo pensato che con qualche moneta potesse permettersi un buon pasto per un poco e forse un buon letto caldo questa notte! -
- Si, ho visto com’era ridotto. Proprio per questo non avresti dovuto dargli quel denaro, se quando fra un anno torna e il tuo desiderio non si sarà avverato come potrà restituirti i soldi che adesso non ha? Hai pensato a come si sentirà quando si troverà di fronte a te e non potrà restituirti ciò che così generosamente gli hai donato? -
- Ci penseremo fra un anno quando tornerà, se tornerà! Per adesso non mi sembra di aver fatto nulla di male, anzi, penso di aver reso un buon servigio al nostro ospite! -
Larisa guardò scettica l’amica, ma poi si disse che in fondo Layla non aveva tutti i torti a pensare di aver fatto del bene a quell’uomo, se poi alla fine dell’anno fossero sorti dei problemi avrebbero trovato insieme il modo di risolverli.
Sorrise a Layla e continuò il suo ricamo, con la segreta speranza che il vecchio potesse davvero portare la gioia di un figlio alla sua amica, così l’anno dopo se il desiderio di Layla si fosse avverato anche lei poteva sperare di avere un figlio molto presto.

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Un anno trascorse senza intoppi di nessun genere e Layla, come predetto dal vagabondo a cui aveva fatto la carità, vide il suo desiderio di avere un figlio avverarsi.
Layla chiamò il piccolo Reza.
Adesso voleva che il vagabondo che aveva bussato alla sua porta tornasse al più presto, per fargli vedere il piccolo Reza, ringraziarlo per aver esaudito il suo desiderio più grande e dare la possibilità a Larisa di avere anche la gioia di un figlio.
Il vecchio mendicante non tardò a bussare alla sua porta. Layla aveva atteso quel giorno con trepidazione crescente e per essere certa che anche la Regina potesse vedere il suo desiderio realizzato, non mancò di invitare Larisa a casa sua quel giorno.
La Regina non aveva certo dimenticato il giorno dell’arrivo di quello strano mendicante, ma non voleva imporre la sua presenza in casa di Layla senza essere invitata. In fondo l’amica poteva anche non volere la sua presenza, dopo che lei l’aveva così ripresa per aver dato del denaro a quello sconosciuto.
Ma quando Layla la invitò ad andare da lei e di portare un poco di denaro da dare al mendicante, in cuor suo gioì della generosità dell’amica che non aveva dimenticato che quel desiderio era anche il suo.
Non perse tempo e preso il suo ricamo si recò a casa di Layla e attese con lei l’arrivo del mendicante.
Quando questi bussò alla porta di Layla le due donne sorrisero loro malgrado. Larisa non vedeva l’ora di donare al mendicante il suo denaro per avere in cambio la stessa gioia dell’amica.
Ed infatti dopo che Layla ebbe presentato il piccolo Reza al mendicante, Larisa timidamente si avvicinò all’uscio dove il vecchio era rimasto e con mano tremula depose sul palmo della mano dell’uomo sette monete d’oro.
Anche a lei il vecchio disse che fra un anno sarebbe tornato a vedere se il suo desiderio si fosse avverato e che le avrebbe restituito il denaro se così non fosse stato. Come la volta precedente non aveva aggiunto altro e voltandosi si era allontanato nello stesso modo dell’anno precedente.
Così un anno dopo anche la Regina ebbe la gioia di avere un figlio che chiamò Waldemar. E come l’amica un anno prima anche lei attese il ritorno del vecchio mendicante per ringraziarlo della gioia che le aveva concesso.
Ma questa volta il vecchio mendicante prima di andar via disse: - Adesso avete quello che più desideravate. Se saprete crescere questi piccoli nel modo giusto nulla accadrà loro, ma… se per uno scherzo del destino ciò non dovesse accadere, preparatevi alle conseguenze che arriveranno! – poi senza aggiungere altro si allontanò dalla casa e presto anche dalla città.

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Passarono gli anni. Tutto procedeva bene, Reza e Waldemar crescevano sani e forti, amici indivisibili, quasi fratelli. La Regina e anche il Re avevano voluto che Reza studiasse insieme al principe, che tutto quello che era destinato a Waldemar fosse diviso fra il principe e Reza. La Regina non aveva scordato che se la corte aveva un principe, lo doveva solo alla spontaneità e alla generosità di Layla, che senza sapere se il suo desiderio si sarebbe mai avverato, aveva dato fiducia ad un mendicante che aveva bussato alla sua porta.
Percui non badava alle proteste di Layla. Anche quando l’amica diceva a Reza di ricordarsi sempre che Waldemar era il suo principe, la Regina interveniva dicendo che loro erano come due fratelli e che non dovevano mai dimenticarlo.
Il Re adorava entrambi i ragazzi e lo stesso valeva per lo sposo di Layla.
Si sa, per gli uomini certe cose vengono spontanee e a nulla valgono i protocolli di corte.
Come dicevamo, la vita procedeva lieta e felice come solo in un regno di pace può accadere.
Sembrava che Reza e Waldemar fossero davvero fratelli; entrambi erano biondi, entrambi avevano gli occhi di un azzurro profondo nei quali solo a guardarli ti ci perdevi, entrambi erano amanti della caccia, come in ogni regno delle fiabe che si rispetti.
Erano alti, ben formati e con una prestanza fisica degna di Re.
Avevano però delle piccole diversità, altrimenti non sarebbero stati figli di genitori diversi!
Se Waldemar era impulsivo e pronto a gettarsi senza pensare nelle avventure più disparate, Reza dal canto suo, prima di fare una mossa seppur suggerita dall’amico ci rifletteva per ore, a volte anche per giorni, se non pianificava ogni cosa non si muoveva.
Waldemar in quanto principe spesso era perdonato per i suoi colpi di testa. Il Re e la Regina a volte ringraziavano il cielo che al fianco del loro unico figlio ci fosse Reza, perché il giovane spesso riusciva a far ragionare il giovane principe, anzi era il solo che riusciva a far fermare Waldemar quando rischiava di andare allo sfacelo.
Quindi al vita procedeva lieta e felice.

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Un giorno mentre stavano allenandosi con le spade, Waldemar disse a Reza; - Fratello che ne dici se domani partiamo per la caccia io e te? Solo noi due! –
- Domani? – rispose perplesso Reza – Perché hai tanta fretta? Sai bene che prima di partire dobbiamo preparare tutto il necessario. Le armi, il cibo. Ti conosco, appena siamo fuori dalle mura della città mi porterai in zone così lontane che per arrivare a destinazione ci vorranno dei giorni e altri giorni per tornare. Quindi questa caccia si trasformerà in una vera avventura in cui tu penserai solo a divertirti. Come al solito mi dirai che è ancora presto per tornare e finiremo per star via almeno sette o dieci giorni. Ma, mentre al tuo ritorno tu riceverai un pallido rimprovero per la tua prolungata assenza, io dovrò sentire mia madre che piangendo mi dirà che sono stato via e lo fatta preoccupare per nulla, mentre io mi divertivo e non pensavo che dovevo dare una mano a mio padre col lavoro! Tu sei figlio di Re, ma io no! E ogni tanto devo aiutare mio padre, senza contare che non voglio che mia madre si preoccupi per me. -
- Ti prometto che questa volta, appena dirai che dobbiamo tornare ti darò ascolto! -
- Lo dici sempre, ma non lo fai mai! -
- Questa volta prometto che ti ascolterò! Non voglio che il mio fratellino sapiente debba sempre essere rimproverato per le mie marachelle! Altrimenti la zia Layla finirà che non mi permetterà più di starti accanto. Come vedi anche io posso essere giudizioso! – rispose Waldemar sorridendo a Reza.
- Va bene! Voglio fingere di crederti questa volta, ma se come tutte le volte precedenti, mi farai sgolare fino a perdere la voce per dirti di tornare indietro, senza darmi retta come sempre, ricorda che sarà l’ultima volta che io e te andremo a caccia insieme da soli. – disse serio Reza.
Era certo che l’amico non avrebbe rispettato l’accordo, ma, come diceva sua madre, Waldemar era il principe e per quanto fossero amici, Reza gli doveva obbedienza.

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Così eccoli pronti per la caccia.
Waldemar come al solito aveva riempito le sacche fino a farle quasi scoppiare, questo era segno evidente che nel migliore dei casi sarebbero stati via almeno cinque giorni, fortunatamente questa volta Reza aveva pensato bene di avvertire sua madre che stava andando a caccia con il principe, così lei non si sarebbe preoccupata troppo per la prolungata assenza del figlio.
Ormai erano anni che Waldemar prometteva di essere responsabile, ma come tutti quelli che vivono in sontuosi castelli e che non devono preoccuparsi di nulla se non di divertirsi, pur cercando di cambiare non riusciva mai a mantenere i suoi buoni propositi. Non era più un bambino, ormai aveva ventiquattro anni, ma per quanto i genitori cercassero di renderlo responsabile della sua carica di principe che presto sarebbe divenuto Re, egli ribadiva che c’era tempo per questo, che suo padre era ancora giovane e che per il momento poteva continuare a regnare tranquillamente. E quando il Re ripeteva che doveva sposarsi per dare un erede al suo regno e un nipotino ai genitori, egli continuava a ribattere che anche per quello c’era tempo e che ancora non aveva conosciuto la principessa giusta per lui.
Quando Reza aveva manifestato all’amico di aver visto una ragazza in città che le piaceva, il principe aveva fatto di tutto per far cambiare idea all’amico. Se Reza si fosse accasato lui avrebbe perduto il suo amico di giochi, sapeva che poi Reza avrebbe avuto altre cose da fare, piuttosto che andare a caccia o allenarsi con la spada insieme a lui. Per questo aveva dissuaso l’amico ad impegnarsi così presto, ma sapeva che presto o tardi il giovane avrebbe trovato la ragazza giusta e lo avrebbe lasciato solo.
Non sopportava l’idea di perdere l’amico di giochi!
Così adesso gli era venuta in mente questa idea della caccia, contava di riuscire a trovare un modo per continuare ad averlo dalla sua parte finché anche lui non fosse stato pronto a prendere moglie.

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Partirono di buon mattino, il sole non era ancora alto nel cielo. E si avventurarono nella boscaglia. Per tutta la mattinata non videro altro che piccole lepri, qualche scoiattolo, un paio di pernici. Ma Waldemar diceva che lepri e pernici non erano il suo bersaglio. In verità neppure lui sapeva cosa cercava veramente.
All’improvviso Waldemar vide un cervo verde davanti a se, la cosa gli parve così strana, poiché non aveva mai visto un cervo verde in vita sua, che decise di rincorrerlo per catturarlo.
Spronò il cavallo al galoppo e via all’inseguimento, non ascoltò neppure Reza che gli diceva di lasciar perdere, che sicuramente quello era un cervo incantato e cacciarlo non era una buona idea.
Cavalcarono per il resto della mattina e per quasi tutto il pomeriggio, ma sembrava che il cervo fosse più furbo e più veloce dei loro cavalli, tant’è che si ritrovarono in una radura in mezzo al bosco che non avevano mai visto prima di quel momento, e lì persero le tracce del cervo che sembrava essersi dileguato nel bosco senza lasciare traccia.
Waldemar appena vide la radura, ricordò all’improvviso che avevano cavalcato tutto il giorno e non si erano fermati neppure un momento per fare colazione, percui, considerando che per quel giorno il cervo non si sarebbe più fatto vivo decise che si sarebbero accampati per la notte in quella radura, non consultò l’amico, si fermò scese dal suo destriero e disse a Reza; - Temo che per oggi il nostro cervo non si farà più vedere, quindi ci fermeremo qui ci riposeremo e poi decideremo il da farsi! –
- Decideremo? – chiese Reza – A me sembra che tu abbia già deciso cosa fare, o mi sbaglio? -
- Sbagli!… Per adesso mangiamo qualcosa, poi ci riposeremo a turno e poi decideremo il da farsi! - mentì Waldemar. Non voleva lasciarsi sfuggire quel cervo, percui aveva deciso che non si sarebbe mosso finché non fosse riuscito a catturarlo.
- Immagino! – disse Reza con una smorfia.
- Su amico, perché sei così diffidente? Ti ho promesso che questa volta sarà diverso, non credi nella mia parola? -
- No! Ti conosco troppo bene per potermi fidare di te! Sei incostante e poco avvezzo a mantenere la parola data! – rispose sinceramente il giovane.
- Fai male! Perché questa volta sarà diverso da tutte le altre volte! – profetizzò Waldemar.
Ancora non sapeva quanto le sue parole si sarebbero rivelate veritiere.

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Si accomodarono sotto i rami di un grande albero e mangiarono tranquillamente conversando del più e del meno, quando ebbero finito il pasto il giovane principe sentì una pesantezza agli occhi che mai aveva avvertita prima di allora e soffocando uno sbadiglio disse; - Ti spiace amico se il primo turno di riposo lo faccio io? Mi sento così stanco e non riesco a tenere gli occhi aperti, tu fai il primo turno di guardia, poi tu ti riposi e io farò il turno di guardia… sono certo che capisci! –
Riluttante Reza disse; - D’accordo! Tanto per adesso io non sto crollando dal sonno, mentre sembra che tu non riesca davvero a star con gli occhi aperti, si vede che sei abituato a dormire fino a tardi. –
Waldemar assentì con la testa alle parole di Reza, ma in verità il sonno aveva preso il sopravvento e lui aveva assentito senza capire una parola di ciò che l’amico aveva detto.
Waldemar dormiva tranquillamente già da un po’ finché nel suo sonno non s’insinuò uno strano sogno.
_ Era ancora lì nella radura che dormiva sotto i rami dell’albero. E mentre lui dormiva due colombe si posarono nel ramo più basso vicino alla testa del principe e…
- Buongiorno Commare! – disse la prima delle due colombe.
- Buongiorno Commare! – rispose l’altra.
- Chi è quel giovane che viene a guardare? – continuò la prima.
- Non lo conoscete Commare? È il principe Waldemar del regno“ Eglair ”, quello vicino alla nostra foresta. -
- Davvero Commare? Non lo avrei mai detto. Com’è bello! Ma cosa è venuto a fare nella nostra foresta? -
- Bello lo è certamente! Ma ahime egli non sa più cosa vuole. Si annoia a star chiuso nel castello e il suo migliore amico adesso che è cresciuto, non può più stare accanto a lui come un tempo, adesso deve assumersi le responsabilità che la sua età gli richiedono. E il principe cerca sempre il modo per trattenerlo accanto a se, anche se comprende che adesso l’amico si sta inevitabilmente allontanando da lui. Waldemar vorrebbe trovare qualcosa da fare, per dare all’amico la possibilità di vivere la sua vita, ma non riesce a trovare nulla. Non c’è niente e nessuno che possa dargli quello che Waldemar trova con l’amico… -
- Poverino! Come mi dispiace per lui! Ma voi Commare non sapete indicargli la via per trovare anche lui la sua strada? -
- Ma certo! Adesso egli dorme beato, ha inseguito un cervo verde per tutto il giorno e alla fine lo ha perso. Ma ha trovato questa radura. A mangiato e adesso sogna di noi, spera che gli diciamo cosa fare. -
- E noi possiamo dirgli cosa fare? -
- Sicuro! Appena si sveglierà, sentirà il desiderio impellente di avere un vestito nuovo. Il più bel vestito che sia mai esistito al mondo e senza porre tempo in mezzo correrà da suo padre per chiedergli un vestito nuovo. -
- Bene! Così avrà qualcosa a cui pensare mentre il suo amico si dedica al suo lavoro! -
- No Commare! La situazione è un poco più complicata… egli chiederà il vestito nuovo e lo otterrà, ma appena lo indosserà a terra morto cadrà! -
- Oh, Commare! Questo è un cattivo annuncio a un così bel giovane, perché dovrebbe morire così presto? -
- E’ il suo destino! -
- E nessuno può salvarlo? Nessuno può far qualcosa per impedire questa atrocità? -
- Oh si! Il suo migliore amico dovrà indossarlo al posto suo. “ Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ” -
- Buongiorno Commare! -
- Buongiorno Commare! -
Detto questo le colombe volarono via. _

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Appena si fu svegliato Waldemar disse a Reza; - Spiacente amico, ma devo tornare a casa di corsa. Devo chiedere a mio padre una cosa importante, quindi tu non puoi riposarti. Dobbiamo andare! –
- Ma come? Mi trascini nella foresta per la caccia, mi fai inseguire un cervo come un forsennato. Poi mangi e ti addormenti dicendo che dopo toccherà a me riposare e adesso mi dici che non c’è tempo? Ormai è notte, arriveremo a casa all’alba. Non sarebbe meglio che prima riposassi un poco anche io e poi ci mettiamo in viaggio all’alba piuttosto che cavalcare tutta la notte? -
- Non posso aspettare! Devo andare da mio padre adesso! La prossima volta ti riposerai anche tu, ma adesso io devo andare da mio padre! – rispose Waldemar.
In realtà il giovane principe non aveva udito tutta la conversazione delle colombe, egli appena aveva sentito che avrebbe chiesto a suo padre un abito nuovo si era cominciato ad agitare e non aveva più seguito la chiacchierata delle colombe, percui non sapeva la fine del dialogo delle due Commari!
Per questo adesso aveva fretta di tornare a casa!
Reza inutilmente aveva cercato di fargli cambiare idea, sembrava che Waldemar non potesse aspettare il sorgere del sole per partire e tornare a casa.
Alla fine Reza aveva ceduto, come sempre del resto, e si erano incamminati verso la casa.
Waldemar aveva l’espressione felice mentre cavalcava verso casa, mentre Reza era sempre più scuro in viso, sembrava arrabbiato, o forse era solo preoccupato per l’amico.
Giunsero a destinazione che il sole si stava appena svegliando. Ciò nonostante, Waldemar salutò in fretta l’amico e si avviò verso il castello dove svegliò il padre per dirgli che voleva un vestito nuovo, il più bel vestito esistente al mondo.

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Per settimane non si parlò d’altro.
Tutta la città parlava del fatto che il principe era tornato dalla caccia euforico, che voleva un vestito nuovo, uno di quei vestiti da cerimonia che fino a quel momento non aveva mai voluto. Parlavano del fatto che per la prima volta il principe era tornato dalla caccia il giorno dopo essere partito, tutti dicevano che il giovane principe sembrava essere stregato, che non era più lo stesso. Alcuni sussurravano perfino che Reza lo avesse portato chissà dove per farlo cambiare, ma nessuno osava dirlo apertamente.
Temevano l’ira del Re e della Regina. Soprattutto della Regina.
Ad ogni modo, Waldemar poco si curava dei pettegolezzi della gente, passava tutto il suo tempo con i sarti e la Regina per decidere il modello del vestito, le stoffe da usare per cucirlo e per quanto sembrasse strano, in quel momento a tutto pensava tranne che alla caccia andata male.
Reza invece, sentiva benissimo le chiacchiere della gente in città, cercava di non dar loro peso, ma era più facile dirlo che farlo. Sentiva gli sguardi malevoli della gente che lo fissavano.
Non era una novità che la gente lo guardasse astiosamente, non gradivano che fra tutti proprio lui avesse la fortuna di essere l’amico più caro del principe.
Infatti da quando era nato lui la Regina e sua madre erano diventate molto più amiche di prima, e benché la Regina come sempre visitasse le case di tutti in città e non disdegnasse l’invito di nessuno dei suoi sudditi, quando arrivava nella casa di Reza e dei suoi genitori, si fermava a colazione o a pranzo più volentieri che in altre case. Questo con gli anni aveva suscitato l’invidia di parecchie persone in città, che non era mai diminuita, anzi era cresciuta.
Adesso, quelle persone che invidiavano questa amicizia fra la Regina il Re e i genitori di Reza e ovviamente, quella ancor più solida dei due ragazzi, guardavano a questa occasione con la speranza che il legame fra quelle due famiglie si spezzasse una volta per tutte.
Ma ciò non avvenne!
La Regina era contenta che il suo ragazzo pensasse a volere dei vestiti per le cerimonie, questo significava che presto sarebbe stato pronto per il ruolo percui era nato.
Così per settimane, come dicevamo prima di divagare, non si parlò d’altro. Il nuovo vestito del principe.
Furono importate le più belle ed eleganti stoffe da tutte la parti del mondo.
Tutto per confezionare il bello e fastoso vestito per il principe. Quando infine parecchie settimane dopo il vestito fu finalmente pronto per essere indossato, Waldemar invitò Reza nelle sue camere perché voleva che l’amico fosse il primo a vedere come gli stava addosso il nuovo abito.
Infine Reza giunse dall’amico, i sarti non vedevano l’ora di aiutare il principe ad indossare l’abito ed erano un poco adirati per il ritardo di Reza.
Ma mentre i sarti si accingevano ad aiutare Waldemar a indossare il vestito, Reza disse; - Non è meglio Waldemar che il vestito lo indossi io? Così se c’è qualche difetto tu puoi notarlo meglio di me, sai che io non m’intendo di moda, per me anche se indossi i soliti abiti va bene lo stesso, ma se vuoi che questo sia davvero speciale dovresti essere tu a visionarlo e non io. Tanto abbiamo la stessa taglia io e te, quindi puoi vedere benissimo se ci sono difetti oppure no! –
- Ma no, che dici? Anche tu ti accorgeresti se ci sono difetti! – rispose Waldemar sorridendo.
- Ti dico di no! – continuò Reza – Mia madre mi dice sempre che se non ci fosse lei a controllare come mi vesto, uscirei di casa combinato davvero come un povero straccione! E se lo dice lei ci puoi credere! -
- A me non sembrava davvero che tu avessi questa lacuna, ma se lo dice la zia Layla forse è così! Ma ti sarà venuta adesso questa mania di non stare attento a come ti vesti, perché ricordo che quando dormivi qui a corte nelle sere d’inverno, quando pioveva e non potevi tornare a casa dopo lo studio, la mattina dopo eri sempre vestito bene… -
- Perché mi aiutavano i camerieri! – intervenne Reza – Ti prego di credermi, non farmi fare la figura dell’ignorante davanti ai tuoi nuovi sarti, per favore! -
- Va bene! Se proprio insisti ti accontento, ma non è da te fare di questi capricci. Di solito sono io quello che fa i capricci. Ma proprio per questo, devo credere a quello che dici, se non fosse vero non lo diresti. – si convinse alla fine Waldemar.
Delusi i sarti dovettero aiutare Reza ad indossare il nuovo vestito del principe, che sembrava davvero non riuscisse a capire come indossare l’abito. Alla fine, dopo non pochi sforzi, Reza aveva indossato il vestito nuovo di Waldemar. La camicia bianca piena di fronzoli ( come li chiamava Reza ) e merletti, che il ragazzo non capiva davvero a cosa servissero. I pantaloni di seta nera che scendevano morbidi sulle cosce muscolose di Reza e arrivavano fino in fondo alla gambe sfiorando i piedi, ( nel loro regno non si usavano ancora i nostri moderni pantaloni che come tutti sapete scendono fino ai piedi o alle caviglie, i pantaloni tradizionali si fermavano appena sotto il ginocchio e morbide calze di seta coprivano le gambe dov’erano scoperte dai calzoni ) perciò questo nuovo modello era davvero una novità. La giacca era in Twill azzurro, ( da sempre il principe delle fiabe e azzurro, quindi questo non fa eccezione ) era ben attillata sulle spalle e scendeva morbida sui fianchi.
Quando ebbero finito di agghindare Reza con l’abito nuovo del principe i sarti si misero in disparte e attesero che Waldemar esprimesse il suo giudizio.
Ma al vestito non mancava nulla per piacere, percui con un largo sorriso il principe disse; - Bellissimo! Questo vestito è assolutamente bellissimo! Sai Reza che anche tu puoi sembrare un principe con un abito così? –
- Non dire assurdità Waldemar!… Allora hai finito di controllare se ci sono difetti? Vorrei toglierlo adesso, mi sento un poco impacciato con tutti questi fronzoli! -
- Si puoi toglierlo, ormai ho visto come aderisce. Sai che hai avuto un’ottima idea, la prossima volta che devo comprare qualcosa ti chiamo e te la faccio indossare così vedo come mi starebbe. È comodo poter vedere su un altro l’abito che vuoi comprare per vedere come ti starebbe… -
- Non ci provare neppure! Questa è stata un occasione unica, non volevo che rimanessi deluso del risultato dopo aver fatto tante follie per averlo. -
- Va bene, non ti scaldare! Ma che ti prende? In questi giorni sei stato così teso che quasi non ti riconoscevo più! C’è qualcosa che non va? Stai bene? Capisco che nelle ultime settimane io sono stato un poco assente, ma tu sei sempre il mio più caro amico, anzi sei un vero fratello per me. Se posso fare qualcosa per te non hai che da chiedere! -
- Non ti preoccupare! Va tutto bene! In queste settimane sono stato molto occupato e adesso mi sento un poco stanco, ma non è nulla! – rispose Reza.
Waldemar non aveva indossato per primo il suo vestito nuovo, quindi il pericolo annunciato dalle colombe era stato scongiurato.
“ Ma, chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ”

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Adesso che aveva il vestito nuovo Waldemar non vedeva l’ora di mostrarlo, quindi al castello nei giorni seguenti ci furono molte feste, tutti dovevano ammirare il nuovo abito del principe. E Waldemar ogni volta che qualcuno ne ammirava la bellezza e la fattura pregiata si inorgogliva sempre più.
Ma dopo qualche settimana le feste cominciarono ad annoiare il giovane principe, un poco perché non era avvezzo a queste mondanità e un poco, perché malgrado non avesse mai mancato di invitare alle feste il suo amico Reza, questi fosse intervenuto solo alla prima festa e poi si era dileguato.
Waldemar da quando partecipava alle feste, andava a letto sempre molto tardi e la mattina non si destava mai prima di mezzogiorno, ma l’amico a quell’ora era sempre fuori città con il padre, Layla, ( la madre di Reza ) quando Waldemar andava a casa sua per vedere l’amico, gli rispondeva che Reza era col padre a lavoro.
Percui, pensando che stava per perdere il suo migliore amico, Waldemar una sera decise di non partecipare alla festa organizzata dalla Regina, ma di andare ad aspettare Reza a casa sua. Doveva vederlo! Doveva parlare con lui!
Reza tornò a casa verso le nove col padre, quando vide Waldemar seduto sulla poltrona che lo aspettava, immaginò subito che l’amico si fosse già stancato delle feste. Conosceva Waldemar da sempre e sapeva che l’amico era un tipo incostante e poco incline alle ipocrisie di corte.
- Bentornato a casa fratello! – lo accolse Waldemar – E’ da parecchio che noi due non ci si vede! -
- Si lo so! – rispose Reza – Ma tu hai avuto il tuo bel da fare a far vedere in giro la meraviglia di vestito che ti sei fatto fare. D’altro canto io ho avuto giornate piene di lavoro, percui non ci è stato possibile vederci! Qual buon vento ti porta nella nostra modesta casa? -
- Volevo vederti! – rispose semplicemente il principe.
- Solo questo? – chiese Reza.
- Ti sembra poco? – rispose Waldemar sorridendo.
- No! Ma mi eri sembrato così contento del tuo nuovo acquisto che credevo che per almeno sei mesi non ti saresti staccato da quel vestito! -
- Sciocchezze! Non è che un vestito, tu sei molto più importante per me. Cosa ne dici se questo fine settimana andiamo a caccia come ai vecchi tempi? Zia Layla pensi che Reza possa lasciarvi per un poco? – chiese Waldemar alla madre di Reza senza aspettare il commento dell’amico.
- Ma certo! – rispose Layla. Ultimamente aveva visto che il suo figliuolo, pur aiutando il padre volentieri, era un poco pensieroso e triste.
Attribuiva questo suo stato, al fatto che gli mancavano le giornate passate con Waldemar, quindi aveva preso al volo l’invito del principe per permettere a Reza di svagarsi un poco, nelle ultime settimane aveva lavorato sodo e un po’ di riposo non poteva fargli che bene.
- Ma io non ho ancora detto di si! – protestò Reza.
- Ma lo dirai! – rispose Waldemar.
- Si, come no! Così tu continui a fare sempre le cose di testa tua senza darmi retta. Sono stufo di correrti dietro sperando che una buona volta tu segua uno solo dei miei consigli. E poi, non mi và di andare a caccia, sai bene che non mi piace cacciare… -
- Si lo so! Ma noi andiamo a caccia solo per rilassarci un poco e stare insieme senza nessuno fra i piedi. -
- Quando vogliamo stare insieme per un poco possiamo farlo anche senza andare a caccia, vieni qui a casa mia e passiamo un po’ di tempo insieme… Oppure vengo io al castello e stiamo lì! -
- Ma non è la stessa cosa! Per favore! Ti prego! Non ti sto chiedendo mica la luna? Voglio solo che vieni a caccia con me questo fine settimana!… Su Reza, non fare il difficile? -
- Io mi sento stanco, non ho voglia di cavalcare per giorni e dormire all’aperto solo perché tu ti sei stufato delle feste di corte… - disse Reza.
- Ma ti sbagli! Io non mi sono stancato delle feste di corte. È solo che mi manca il mio migliore amico, da quando ci sono le feste a corte tu non ti sei più fatto vedere e io senza di te mi sento solo. Nessuna festa può sostituirti! – implorò Waldemar.
Reza si commosse all’implorazione dell’amico, in fondo erano sempre stati inseparabili fin da bambini. E per dirla tutta in quelle settimane Waldemar gli era mancato più di quanto volesse ammettere.
- D’accordo! – disse infine Reza – Ma questa volta si fa come dico io! Arriviamo fino al ciglio della foresta, ci troviamo un bel posticino e ci accampiamo, ci portiamo le provviste per due giorni e allo scadere del secondo giorno si torna a casa, senza musi lunghi e senza proteste di alcun genere… -
- Va bene! Ci sto! – rispose Waldemar che non aspettava altro che la capitolazione di Reza – Alle provviste penso io e anche ai cavalli, tu devi solo essere pronto a partire sabato all’alba, passerò a prenderti prima che sorga il sole con tutto il necessario… -
- Bada che se questa volta mi fai uno scherzo come quello dell’ultima volta te ne farò pentire! -
Waldemar promise che questa volta, tutto sarebbe stato come programmato e senza nessun cambiamento dell’ultimo minuto, poi felice e soddisfatto se ne andò.

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Così eccoli pronti per la partenza.
Il sole non era ancora sorto, ma i nostri due amici erano già in viaggio verso il bosco.
Waldemar fischiettava allegramente come un bambino che ha appena ricevuto il regalo che desiderava da anni.
Reza cercava di mantenersi serio, ma l’allegria dell’amico era contagiosa e alla fine anche lui si rilassò e cominciò a canticchiare spensierato.
Infine giunsero senza problemi nei pressi del bosco, vi s’inoltrarono lentamente, Reza alla ricerca di un posticino tranquillo dove accamparsi, mentre Waldemar alla ricerca di una buona preda da inseguire.
Ed ecco che come la volta precedente un cervo bellissimo si presentò alla vista dei due cavalieri; aveva il mantello rosso, rosso come il sangue che scorre nelle vene degli uomini. Lo sguardo dell’animale si posò sul viso del giovane principe e senza parole lo sfidava a seguirlo all’interno del bosco. Waldemar non si lasciò questa occasione e senza ascoltare Reza che a gran voce lo richiamava indietro, spronò il cavallo al galoppo all’inseguimento del cervo.
Reza dopo aver urlato per qualche minuto all’amico di fermarsi e tornare indietro, visto che Waldemar non lo ascoltava, decise di andargli dietro.
Come la volta precedente, inseguirono il cervo per tutta la mattinata e per quasi tutto il pomeriggio, finché giunti nei pressi della radura dove la volta precedente si erano fermati, il cervo anche questa volta sparì alla loro vista e loro si ritrovarono stanchi e affamati nello stesso punto della volta precedente.
- Lo sapevo! – disse Reza contrariato – Sei sempre lo stesso! Avevi detto che questa volta avremmo fatto quello che volevo io e invece appena hai visto quel cervo, non hai perso tempo ad ascoltarmi, ti sei subito messo ad inseguirlo senza neppure chiedermi se ero d’accordo. E adesso siamo di nuovo qui in questa radura stanchi e affamati e scommetto che anche questa volta, dopo aver mangiato toccherà a me fare il primo turno di guardia… -
- Scusa! Hai ragione! Sono imperdonabile! Ma appena ho visto quel cervo non ho resistito… dovevo inseguirlo, anche lui lo voleva… mi ha sfidato a cacciarlo! Non te ne sei accorto? -
- Da quando i cervi parlano? Io non ho sentito nessun invito da parte sua! – replicò Reza.
- Ma… io non volevo dire questo! Comunque ti devo delle scuse, non ho pensato a te neppure per un secondo mentre avevo promesso che questa volta ti avrei dato retta… Scusami! Ma ormai siamo qui, cosa ne dici se ci fermiamo e mangiamo intanto che decidiamo il da farsi? -
Reza gli lanciò uno sguardo severo, ma poi vedendo che l’amico sembrava davvero pentito per il colpo di testa che aveva appena fatto, il suo cuore generoso prese il sopravvento sulla ragione e con un sorriso disse; - Va bene! Anche io sto morendo di fame è da stamattina che non tocchiamo cibo e adesso siamo a pomeriggio inoltrato, ma non pensare di fare come l’altra volta, questa volta il primo turno di guardia tocca a te. –
- Certamente! Almeno in questo non voglio mancare, stai certo che il primo turno lo faccio io! -
Ma ovviamente, dopo aver mangiato a sazietà e bevuto del buon vino, si sa che il corpo stanco cade preda dell’indolenza, noi sappiamo bene che il nostro giovane principe non è abituato a faticare, quindi non ci stupiremo se i suoi occhi si sono chiusi suo malgrado.
Senza neppure riuscire a dire a Reza che il sonno lo stava vincendo, Waldemar si appisolò.

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Come la volta precedente, Waldemar sognò.
_ Le due colombe della volta precedente si appoggiarono al solito ramo e…
- Buongiorno Commare! – disse la prima delle due colombe.
- Buongiorno Commare, chi è quel giovane che viene a guardare? -
- Siete davvero una sbadata Commare, non lo riconoscete? È sempre il giovane principe che la volta scorsa venne a trovarci. -
- Avete ragione Commare! Ma sapete ultimamente non era più venuto e io non ricordavo il suo volto, sapete che con i visi degli uomini o qualche difficoltà… -
- Mi rendo conto Commare! -
- Ma come mai adesso è tornato? E perché è stato via così tanto tempo? -
- E’ stato via perché come vi ho detto l’altra volta doveva chiedere a suo padre un vestito nuovo, percui dopo che gli è stato confezionato doveva mostrarlo, ma dopo essersi pavoneggiato per qualche settimana, meno del tempo che hanno impiegato i sarti a confezionarlo, si è stancato ed è tornato in cerca di emozioni! -
- Non posso credere che sia così superficiale il nostro principe!… Commare ditemi che scherzate! -
- Non posso dirvelo, poiché questa è la verità! -
- Ma adesso il nostro principe ha messo giudizio, vero Commare? – chiese la colomba.
- Non del tutto! Egli vorrebbe mettere giudizio, ma sovente ciò che vuole la sera non lo mette in pratica la mattina. -
- Poverino come mi dispiace per lui! Però è davvero un bel ragazzo, se soltanto crescesse un poco sarebbe davvero un buon partito. -
- Non è ancora un buon partito! -
- Davvero? Come mai? -
- Eheh, il nostro principe ancora non ha imparato la lezione. Pensa ancora solo a divertirsi, ed infatti appena sveglio il suo unico pensiero sarà quello di tornare a casa da suo padre per chiedergli una spada nuova. La più bella spada che sia mai stata forgiata dalla notte dei tempi. -
- Una spada? Per farne cosa? Lui quando va a caccia usa l’arco e le frecce, la spada non gli servirebbe a nulla! -
- Ogni buon Re deve avere un spada, come simbolo di prestigio e forza. Per questo gli serve una spada… ma… -
- “Ma”, cosa Commare? -
- Appena la sguainerà a terra morto cadrà! -
- Ma Commare, questo è un altro cattivo annuncio… perché deve accadergli questo? Siamo d’accordo che ancora non ha imparato a responsabilizzarsi, ma questo non è un buon motivo per augurargli di morire. Mi sembra davvero ingiusto! Poverino! Possibile che non ci sia modo di evitare questa sciagura? -
- Una soluzione c’è! Il suo migliore amico dovrà sguainare la spada al posto suo, del resto questo accadrà solo la prima volta che la spada verrà impugnata, quindi se il nostro principe avrà un amico sincero che vorrà fargli questa cortesia potrà scongiurare il pericolo che grava sulla vita del principe. “ Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ” -
- Buongiorno Commare! -
- Buongiorno Commare! -
Detto questo le colombe volarono via. _

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Waldemar si svegliò in preda alla frenesia.
Le colombe avevano detto che adesso aveva bisogno di una spada nuova e lui non vedeva l’ora di correre da suo padre per chiedergli questa spada.
Come la volta precedente, anche adesso il giovane principe aveva ascoltato le colombe finché queste avevano detto che avrebbe chiesto una spada nuova, non sapeva che appena l’avrebbe sguainata sarebbe morto, quindi al momento era felice del nuovo sogno e del nuovo desiderio da esprimere al padre.
Vinto dall’euforia del momento, scordò nuovamente la promessa fatta a Reza e senza porre tempo in mezzo, salì sul suo cavallo e si diresse al galoppo verso l’uscita del bosco e da lì verso il castello.
Reza aveva urlato inutilmente a Waldemar di spiegargli cosa le passava per la testa, il principe non lo ascoltava neppure.
Infine Reza si arrese e salito sul suo cavallo anche lui galoppò verso l’uscita del bosco e da lì verso casa.
Giunto al castello Waldemar svegliò il padre e gli disse che voleva la più bella spada che fosse mai stata forgiata dalla notte dei tempi.

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Così il Re per accontentare il suo unico figlio, ( che prima di quel periodo tanto strano non aveva mai chiesto nulla al padre ) fece arrivare dal Giappone i più bravi maestri forgiatori di spade e con essi i migliori metalli per forgiare la spada del principe, inoltre importò; Giade dal Giappone, Smeraldi dall’Egitto, Rubini dal Siam, Zaffiri dalla Birmania, Diamanti dal Sud Africa, Ametiste dal Brasile, Corniole dall’Uruguay, Lapislazzuli dalla Russia, Pietre di Luna dall’Australia e chi più ne più ne metta, per il fodero e l’elsa della spada.
Quella spada doveva essere un capolavoro!
Waldemar voleva un spada e avrebbe avuto un’arma degna del più potente e prestigioso Re del mondo.
Se per confezionare il vestito erano state impiegate delle settimane, per forgiare la spada e impreziosire l’elsa e il fodero passarono alcuni mesi.
Ma alla fine eccola pronta per essere presentata al principe.
Naturalmente il giovane non poteva gioire se il suo migliore amico non era lì con lui a condividere la sua gioia, così prima di vedere la spada mandò a chiamare Reza.
Reza, prontamente appena chiamato, si precipitò da Waldemar, in fondo anche se era suo amico era anche il suo principe e lui era tenuto ad obbedire ed accorrere quando veniva chiamato.
Non era granché contento della nuova richiesta che Waldemar aveva fatto al padre, ma non voleva deludere l’amico. Così pur a malincuore si presentò al castello.
I forgiatori portarono la spada avvolta da un fodero in seta nera e senza spogliarla della morbida seta la consegnarono nelle mani di Waldemar.
- Posso farti una richiesta da amico, Waldemar? – chiese Reza improvvisamente, senza dare al principe il tempo di sciogliere il morbido nodo che teneva la spada dentro il fodero di seta.
- Chiedi pure! – rispose Waldemar.
- Mi rendo conto che ti sembrerà una richiesta assurda da parte mia… ma vorrei essere io a sguainare la spada per la prima volta… almeno avrò il piacere di poter raccontare ai miei nipotini, quando sarò vecchio, che ho avuto l’onore di essere stato io il primo a sguainare la spada del principe Waldemar, dopo che lui ha mancato alla promessa che mi aveva fatto. -
Waldemar ci pensò un poco poi rivolse un sincero sorriso a Reza e disse; - In fondo te lo devo amico mio. A patto che tu dimentichi per sempre il torto che ti ho fatto! So di averti fatto un torto quando siamo andati a caccia, ma se mi perdoni avrai tu l’onore di sguainare per primo la spada! –
- Va bene! Ti perdono! Anzi dimenticherò perfino l’accaduto! -
- Bene! Allora a te l’onore amico! – così dicendo gli consegnò la spada.
Con cura e delicatezza Reza sfilò il fodero di seta che nascondeva la spada alla vista degli astanti.
Sorpresa! Il fodero e l’elsa della spada brillavano così tanto che i presenti dovettero chiudere gli occhi tant’era accecante lo sfavillio che essa emanava.
Con decisione Reza impugnò l’elsa e sguainò la spada. Éra leggera e perfetta, come solo dei maestri nell’arte del forgiare i metalli possono ottenere. Malgrado l’elsa fosse piena di pietre preziose, queste non appesantivano affatto la spada, Reza provò vari esercizi, ma si avvide che era maneggevole e affidabile come una spada normale.
Dopodiché la consegnò nelle mani di Waldemar e disse; - Complimenti! Ti hanno forgiato davvero un’arma perfetta… - poi rivolto ai maestri continuò – Se mai un giorno avessi bisogno anche io di una spada, mi piacerebbe che foste voi a forgiarla, naturalmente non potrebbe mai essere tanto preziosa come questa, ma almeno sarebbe di ottima fattura. Vi porgo tutto il mio rispetto per il vostro abile lavoro e i miei più sentiti complimenti. Grazie per aver accontentato un capriccioso amico, principe! –
Salutò, poi si voltò e tornò a casa.
Anche questa volta il pericolo era stato scongiurato.
“ Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ”

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Come è facile intuire, qualche settimana dopo questo episodio, il nostro giovane principe, non avendo più visto l’amico e stanco di mostrare a chicchessia la sua spada nuova, eccolo di nuovo a casa di Reza per proporgli nuovamente di andare a caccia insieme loro due soli.
E dopo aver tergiversato un poco il povero Reza si vide costretto nuovamente ad acconsentire, ben sapendo, che anche questa volta qualcosa sarebbe andata per il verso sbagliato come le precedenti.
Ma cosa poteva farci?
Waldemar era il suo più caro amico nonché il suo principe, percui accettare era quasi un dovere per lui.
Ed eccoli di nuovo insieme, all’alba che cavalcavano verso il bosco.
Questa volta il cervo non si fece attendere troppo, erano entrati da poco nel bosco, che esso si presentò loro, il colore del suo manto era nero, nero come la notte, nero come il male.
Waldemar partì al galoppo per inseguirlo e a Reza non rimase altro da fare che seguirli entrambi. Questo cervo era più veloce degli altri due, infatti bastò solo la mattina per giungere fino alla radura delle colombe, dove il cervo sparì come gli altri due.
Ancora una volta i due amici si ritrovarono stanchi e affamati nella radura.
- Ci risiamo! – disse Reza.
- Tranquillo, questa volta siamo giunti qui molto prima delle altre volte, sono certo che il sonno tarderà ad arrivare e tu potrai riposarti prima di me! – disse convinto Waldemar.
- Se lo dici tu! – rispose Reza.
Ma come temeva Reza appena ebbero finito di mangiare, gli occhi di Waldemar si chiusero senza che questi potesse impedirlo e cadde in un sonno profondo.

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_ Puntuali come le due volte precedenti ecco che le due colombe si affacciarono nuovamente nei sogni di Waldemar.
- Buongiorno Commare, avete visto? Il giovane principe e nuovamente qui! - disse la prima.
- Si Commare, ho visto! Ormai si è stancato di mostrare la nuova spada a questo e quello ed è tornato da noi nella segreta speranza che gli suggeriamo un nuovo modo per passare il tempo! Ha capito che il suo migliore amico adesso ha altri impegni, egli è cresciuto è diventato responsabile e deve prendere il posto di suo padre a lavoro! Così il principe si ritrova a bighellonare da solo! Quindi cerca in qualche modo di rubare del tempo al suo amico, finchè può e finchè non trova qualcun altro che sostituisca l’amico! -
- Come siete critica Commare! Io non credo che il principe sia così egoista come lo descrivete voi! -
- Io non dico che sia egoista. Ma dovete convenire con me cara Commare, che il giovane principe sta in effetti rubando il tempo del suo amico. Oggi dovrebbe essere giorno di riposo per chi lavora e il nostro principe porta a caccia l’amico, ben sapendo che questi non ama molto cacciare e che ogni volta torna a casa stanco e spossato, poiché il principe non lo fa riposare neppure un secondo. -
- Si questo è vero! Ma poverino cosa può farci se lui non è abituato alla fatica e appena giunge qui da noi i suoi occhi si chiudono da soli? -
- Allora dovrebbe smettere di andare a caccia, sarebbe la cosa più intelligente da fare, oppure dovrebbe partire la mattina e tornare la sera a casa, senza allontanarsi troppo dai margini del bosco. Non credete? -
- Si, forse dovrebbe. Magari presto lo capirà da se! -
- Di questo non ho dubbi! Perché questa volta il nostro giovane principe quando si sveglierà, come al solito in preda all’euforia, non chiederà semplicemente un oggetto come regalo a suo padre… -
- Ah no? Ditemi Commare cosa chiederà questa volta il principe? -
- Stavo appunto per rivelarvelo quando mi avete interrotta. Questa volta il principe chiederà al padre di cercargli la più bella principessa che esiste e di chiederla in moglie per il figlio. -
- Davvero? Il principe si sposerà? Avete visto che finalmente ha messo la testa a posto? -
- Eh si, come no! Solo che anche questa volta il nostro principe dovrà stare attento, perché appena si sarà ritirato in camera con la sposa, da sotto il letto uscirà fuori un drago a sette teste che li divorerà… -
- Cosa?!? Povero principe, ucciso da un drago insieme alla sua sposa. E non si può fare nulla per salvarlo? Questa volta il suo amico non potrà ritirarsi in camera del principe con la sposa di costui senza dover dare spiegazioni. -
- Beh, un modo per salvarlo c’è! Il suo migliore amico dovrà prendere la spada del principe e nascondersi nella stanza, quando il drago uscirà fuori dovrà tagliare le teste del drago una dopo l’altra senza dire nulla. “ Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ” -
- Capisco! Questa volta è una cosa davvero pericolosa. -
- Direi di si! Ma questo è ciò che dovrà essere fatto. Buongiorno Commare! -
- Buongiorno Commare! -
Dopo essersi salutate le colombe volarono via. _

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Waldemar questa volta si svegliò davvero felice. Le colombe avevano detto che si sarebbe sposato, finalmente avrebbe reso felici i suoi genitori e tutto il popolo.
Quindi come le volte precedenti senza porre tempo in mezzo salì sul suo cavallo e gridando a Reza; - Mi sposo! Fratello carissimo sii felice per me, questa volta mi sposo! – si avviò al galoppo verso l’uscita del bosco.
Reza rimase a fissare il punto dov’era sparito per qualche secondo, poi scrollò le spalle e salendo anche lui sul suo cavallo partì velocemente per andare a casa.

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Com’era prevedibile anche quella volta Waldemar appena giunse al castello, svegliò i genitori per fare la sua richiesta, ma com’è facile immaginare questa volta il Re e la Regina furono davvero felici di sentirgli dire che voleva una sposa.
Inviarono lettere di richieste a tutte le principesse del mondo, una sarebbe stata sicuramente quella giusta per il principe.
Passarono dei mesi prima che Waldemar trovasse la sua sposa, ma infine, quando giunse al castello la principessa delle Indie con il suo seguito il ragazzo rimase abbagliato dalla sua bellezza, si avvicinò alla ragazza e senza intermediari fece lui stesso la proposta di matrimonio alla principessa.
La principessa Kanan, ( questo era il suo nome ) accettò volentieri di diventare la sposa di Waldemar.
Di lì a poco si preparò tutto per il matrimonio del principe, dal pranzo di nozze al ballo a corte per questo lieto evento, naturalmente anche la cerimonia venne preparata con dovizie di particolari.
Per l’occasione a Reza fu chiesto di fare da testimone al principe, mentre la testimone della principessa doveva essere la sorella di lei, quindi a Reza fu chiesto di fare da cavaliere alla ragazza durante i festeggiamenti.
Tutto si svolse col grande fasto che si usa tra nobili, anche se il Re e la Regina vollero che anche il popolo partecipasse a quella grande festa, quindi le strade del regno erano tutte addobbate e dovunque nelle locande e nei negozi quel girono era tutto gratis.
I genitori di Reza furono invitati al castello, la Regina non dimenticava certo che Layla era la sua migliore amica e che se non era per lei questo giorno non sarebbe mai giunto per i regnanti.
Waldemar per la cerimonia aveva indossato l’abito che si era fatto mesi prima, ma Kanan, la sposa non era da meno, il suo abito era di un bianco abbagliante, con il corpetto tempestato di diamanti, il velo era lungo nove metri anch’esso tempestato da piccoli brillantini. E lei era bellissima, la sua pelle ambrata spiccava sotto quel bianco come una gemma di rara bellezza.
Anche la sorella della sposa aveva un vestito sontuoso; era un abito lungo, stretto in vita e leggermente scampanato verso il basso, color pesca, il corpetto era completamente adornato da quarzo rosa e così pure le ampie maniche.
Anche Reza era vestito riccamente per l’occasione, ma non poteva certo eguagliare l’amico e le principesse.
Larisa pretese che Layla suo marito e Reza sedessero al loro stesso tavolo insieme con gli sposi.
Sembravano una grande famiglia, il Re e la Regina, Layla e il marito, Waldemar e Kanan, Reza e Shanti ( la sorella di Kanan ) e naturalmente i genitori delle principesse.
Quando ebbero finito di pranzare si spostarono tutti nel salone, per iniziare le danze. Ma verso sera, prima che gli sposi si ritirassero nella loro camera, Reza si allontanò dal salone e non vi fece più ritorno.

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Verso la mezzanotte i giovani sposi salutarono gli ospiti e si ritirarono in camera.
Waldemar cercò Reza per salutarlo, ma non riuscì a vederlo in mezzo a quella confusione di gente che si era accalcata vicino a loro.
Un velo di tristezza scese nello sguardo limpido del principe, era convinto che il suo migliore amico dovesse essere felice che lui si era sposato e che per questo dovesse trovarsi lì a salutarlo, ma chissà perché, ebbe l’impressione di aver perso Reza per sempre.
Quando si trovarono soli nella loro camera Waldemar disse a Kanan; - Reza non c’era in mezzo a quelli che sono venuti ad accompagnarci in camera. Da qualche tempo mi sembra che si stia allontanando sempre più da me. –
- Forse sei tu che non lo hai visto! – azzardò Kanan – Magari lui era lì e tu non sei riuscito a vederlo. Oggi non si è allontanato dal fianco di mia sorella nemmeno un secondo. Forse anche lui, come è successo a te, quando mi hai vista la prima volta è rimasto abbagliato dalla bellezza di mia sorella… magari si è innamorato di Shanti e ha scordato di salutarti. -
- No! Reza non è così! Lui non dimentica di fare una cosa, neppure per i begli occhi di una donna. Reza è così responsabile che a volte penso che dovrebbe essere lui il principe e non io. -
- Ma che dici? Sono certa che entrambi riuscirete a fare grandi cose insieme, devi solo lasciargli un po’ di spazio per vivere la sua vita. Mi sembri geloso di lui! Hai forse paura che qualcuno te lo porti via? – domandò Kanan.
- No! Non ho paura che qualcuno lo porti via da me, ho paura che lui si allontani da me. Lui per me è un fratello, il fratello che non ho mai avuto. Però io sono così possessivo con lui, che a volte penso che si stancherà dei miei capricci da bambino viziato e alla fine si allontanerà da me per sempre. -
- Allora tu lascialo respirare! Vedrai che domani sarà dietro a quella porta a chiederti com’è andata la tua prima notte di nozze, come sono certa che ci sarà mia sorella. -
- Speriamo che tu abbia ragione! – rispose Waldemar poco convinto.
Poi sorrise, pensò che la mattina seguente sarebbe andato a cercare Reza e gli avrebbe chiesto come mai si fosse allontanato dalla festa, certo Reza aveva un’ottima spiegazione da dargli per quel suo strano comportamento. Quindi baciò Kanan e con gesti impacciati le tolse il velo dalla testa.
Aveva appena poggiato il velo sulla poltrona, quando all’improvviso vide Reza uscire da dietro la tenda di broccato della finestra, aveva in mano la spada che lui si era fatto forgiare qualche mese prima e la vibrava nell’aria colpendo il nulla davanti a se.
Sembrava impazzito, Kanan urlò per lo spavento mentre Waldemar guardava allibito l’amico che si comportava come un folle.
- Reza, ma che stai facendo? – chiese il principe spaventato.
Ma Reza non rispondeva.
- Reza smettila! Sei forse impazzito? -
Ma il ragazzo continuava a non rispondere.
Waldemar non poteva vedere il drago a sette teste che era uscito da sotto il letto matrimoniale. Solo Reza poteva vederlo.
Kanan urlava di terrore e senza accorgersene si era precipitata verso la porta della stanza e l’aveva aperta ed era uscita in corridoio chiamando aiuto.
Gli ospiti attirati dalle urla si stavano già avvicinando alla stanza degli sposi e fra la sorpresa e lo sgomento, alcuni di loro riuscirono a vedere la scena terrificante che si stava svolgendo nella camera.
Reza che sembrava impazzito vibrava nell’aria la spada del principe e Waldemar che cercava di fermarlo senza riuscirci.
Improvvisamente Reza puntò la spada verso Waldemar, già tutti temevano che lo avrebbe ucciso e cercarono di disarmarlo, ma dopo aver vibrato un colpo da maestro che sfiorò la gola di Waldemar, Reza si fermò e lasciò cadere la spada ai piedi del principe. Poi sorridendo si voltò per avviarsi verso la porta ed uscire, ma Waldemar gli bloccò un braccio e disse; - Ma che ti è preso? Cosa volevi fare? Reza per l’amor del cielo si può sapere che hai? Rispondi? –
Reza sorrise ancora poi rispose; - Non posso dirtelo! Se potessi dirti tutto lo avrei già fatto mesi fa, ma non posso dirti nulla… -
- Ragazzo… - intervenne il Re – Sai che ti sei macchiato di un grave delitto? Per questo dovremo relegarti in carcere finché non ci avrai fornito delle spiegazioni… -
- Non dite assurdità padre… - lo interruppe Waldemar – Sono certo che Reza a una buona spiegazione da darci. Non credo che volesse uccidermi, a me dirà tutto, per favore uscite, lasciatemi solo con lui. – così dicendo invitò tutti ad uscire dalla stanza e chiuse la porta a chiave dietro di loro quando tutti furono nel corridoio.
Poi fece accomodare Reza sulla poltrona e lo invitò a raccontargli cosa gli era successo.

*******************

- Vuoi davvero che ti dica tutto? – chiese Reza amaro.
- Si! Hai sentito mio padre? Se non mi darai una valida spiegazione da dargli non potrò intercedere presso di lui per te. Sai che a me puoi dire tutto, cosa ti è successo? Io non capisco! Sei ancora arrabbiato con me perché non ti ho lasciato riposare alla radura dei cervi? Possibile che tu sia così vendicativo? Io non ti riconosco più, non sei più il Reza che conoscevo… -
- Se mi conoscessi veramente bene, non penseresti mai una cosa del genere di me. -
- Ma allora che hai? Dimmi cosa ti è successo, cosa volevi dimostrare? -
- Io non avevo nulla da dimostrare a nessuno… -
- Allora, per carità, dimmi che ti è preso! – Waldemar stava invitando l’amico a parlare, sapeva che dietro al suo strano comportamento ci doveva essere una ragione.
- Va bene! Ti dirò tutto! Ma sappi che quando avrò iniziato a raccontarti tutta la storia non potrai interrompermi più, io non amo fare le cose a metà e tu lo sai. Quindi preparati a sentire una storia che dovrai seguire fino alla fine. -
- D’accordo! Ti ascolterò fino alla fine. – rispose Waldemar.
Reza ancora una volta gli mostrò un sorriso amaro, ma non replicò e poggiando le braccia sui braccioli della poltrona e accavallando le lunghe gambe si apprestò a narrare i fatti.
- Ti ricordi quando siamo andati a caccia e hai visto quel bellissimo esemplare di cervo verde? – disse Reza.
Waldemar accennò un si con il capo.
Reza continuò; - Ti ricordi che contro il mio parere lo hai voluto inseguire? – dopo un breve assenso di Waldemar il ragazzo proseguì – Bene! Quel giorno è iniziato tutto… Quando siamo arrivati alla radura ti sei voluto fermare per mangiare qualcosa e dopo ti sei steso sotto l’albero per dormire… qualche minuto dopo che ti eri addormentato sul ramo più basso dell’albero, si sono posate due colombe e con mia somma sorpresa le ho udite parlare, dicevano che appena sveglio saresti andato da tuo padre per chiedergli un vestito nuovo, il più bel vestito che fosse mai stato cucito in tutto il mondo. E fin qui nulla di che preoccuparsi! Ma dopo pochi istanti tu hai iniziato a lamentarti nel sonno, dicevi che era una grande idea quella di chiedere un vestito nuovo, che avevi bisogno di un vestito nuovo per i ricevimenti futuri. Ma mentre tu fantasticavi le colombe continuavano a parlare, tu non le hai udite perché ti sei distratto, ma io si. Dicevano che quando il vestito fosse stato pronto e tu lo avessi indossato saresti caduto a terra morto. Una delle due chiese all’altra se c’era modo di salvarti da questa sciagura e la prima ha risposto; “ Il suo migliore amico dovrà indossarlo al posto suo. Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ” -
Appena Reza ebbe finito di pronunciare quelle parole i suoi piedi e le sue gambe divennero di pietra e di marmo fino al ginocchio.
Waldemar lo guardò allibito, poi disse; - Basta! Non mi dire altro! Posso immaginare il seguito e non voglio sentirlo. –
Reza sorrise e rispose; - Non vuoi sentire? Mi spiace! Ti avevo avvertito che avresti dovuto ascoltarmi fino alla fine. Adesso non puoi più fermarmi. –
- Ma ti dico che ho capito! Non voglio che diventi di pietra e di marmo! -
- E’ troppo tardi! Ormai le mie gambe sono già di pietra e marmo, dove vuoi che vada in queste condizioni? – commentò Reza, poi riprese il racconto – Ti ricordi la seconda volta che siamo andati a caccia nello stesso bosco e hai visto il cervo rosso? Anche quella volta hai rifiutato di ascoltarmi e lo hai voluto inseguire senza sosta. Come la volta precedente lo abbiamo perso nella stessa radura e come la prima volta abbiamo mangiato e poi ti sei messo a dormire, nonostante avessi promesso di ascoltarmi non lo hai fatto. Così le tue amiche colombe sono tornate per annunciarti che saresti dovuto andare da tuo padre e chiedergli una spada nuova, la più bella spada che mai fosse stata forgiata nel mondo e nel tempo. Ricordi che quando fu pronta ti chiesi il favore di farmela sguainare per primo? Ebbene, la verità è che le due colombe avevano detto che appena l’avessi sguainata saresti caduto a terra morto. E dato che una delle due colombe aveva chiesto se c’era un rimedio l’altra aveva risposto; “ Il suo migliore amico dovrà sguainarla al posto suo. Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ” – anche questa volta appena Reza ebbe finito di pronunciare quelle parole, divenne di pietra e marmo dalle ginocchia fino alla vita.
Waldemar era disperato. Il suo migliore amico stava diventando di pietra e marmo davanti al suo sguardo allibito e lui non sapeva come fermarlo.
- Ti prego non dire più nulla! Ti credo! – urlava Waldemar sconfortato.
Reza sorrise e disse; - Non posso! Vorrei fermarmi ma non posso. Sono rattristato di provocarti tanto dolore fratello mio, soprattutto dopo quello che ti ho udito dire alla tua sposa poco fa. Ma ormai è troppo tardi! Avresti dovuto avere più fiducia in me, prima di vedere che sono diventato di pietra e marmo. Ma tanto ormai la mia vita è finita e quindi lascia che ti dica il resto. Ti ricordi la nostra ultima caccia? Questa volta hai visto un cervo nero e non mi hai lasciato neppure il tempo di dirti di lasciar perdere. Ti sei lanciato al galoppo. Come al solito arrivato alla radura il cervo è sparito e noi siamo rimasti lì a mangiare e poi tu ti sei addormentato. Quando sono arrivate le colombe io mi sono messo lì ad ascoltarle, ormai non era più una novità vederle e udirle parlare. Hanno detto che appena sveglio saresti andato da tuo padre per chiedergli una sposa e tu felice di questa notizia appena sveglio sei partito come un fulmine verso casa senza neppure voltarti indietro per vedere se ti seguivo. Ma questa volta il pericolo era più grave delle altre volte, a morire non saresti stato solo tu ma anche la tua sposa. Dicevano che un drago a sette teste vi avrebbe uccisi entrambi. Disperavo di poter fare qualcosa per salvarvi questa volta, ma quando la colomba chiese all’amica se c’era un modo per salvarvi l’amica rispose; “ Il suo migliore amico dovrà prendere la spada del principe e nascondersi nella stanza, quando il drago uscirà fuori dovrà tagliare le teste del drago una dopo l’altra senza dire nulla. “ Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ” Questa è tutta la storia, non posso aggiungere altro, perché non c’è altro da dire. Posso solo dirti che sono felice di avervi salvato, almeno posso dire di aver meritato di vivere. – detto questo Reza si trasformò in una statua di pietra e marmo dalla testa ai piedi.
Nell’istante in cui Reza divenne tutto di pietra e marmo ai suoi piedi cominciò a vedersi una chiazza di sangue e le teste e il corpo del drago divennero visibili.
Waldemar osservò la scena con orrore. Un drago era sparso per la sua camera nuziale e il suo caro amico Reza ormai era solo una statua.
Disperato cominciò ad urlare e piangere ai piedi del povero Reza.
Dal corridoio gli ospiti lo udirono e pensando che Reza stesse uccidendo il principe si avventarono sulla porta e la ruppero, appena entrati videro l’orrore di quella stanza, il drago dilaniato sparso per la stanza insieme al suo sangue, il principe che urlava e piangeva di dolore ai piedi della statua di Reza.
Layla appena capì che la statua era suo figlio svenne. Larisa le fu subito accanto, ma sapeva che la pena dell’amica era troppo grande.
Il Re si precipitò vicino al figlio e chiese delle spiegazioni, ma Waldemar non poteva risolversi a dire nulla, piangeva soltanto e urlava; - Reza, fratello mio. Adesso cosa farò senza di te? È tutta colpa mia, tutta colpa dei miei inutili capricci di bambino viziato… -

*******************

Passarono più due mesi da quella sera.
Waldemar si era chiuso nella stanza insieme alla statua e non voleva vedere nessuno. Non faceva che piangere e disperarsi, aveva relegato il vestito in un vecchio baule insieme alla spada, per non vederli più. Aveva detto alla sua sposa che non voleva vederla finché non si fosse riscattato con l’amico, ben sapendo di non avere nessuna idea di come fare.
Un giorno mentre disperato diceva alla statua; - E’ tutta colpa di quelle colombe traditrici… - ecco che le venne un’idea.
Sperava veramente che questa idea potesse salvare il suo caro amico, in ogni caso tentare non avrebbe nuociuto a nessuno.
Così, la mattina seguente prima del sorgere dell’alba, montò sul suo cavallo senza dire niente a nessuno e si diresse verso il bosco. Giunto ai margini del bosco si aspettava di vedere il solito cervo che lo guidasse fino alla radura, ma questa volta non vide nessun cervo, fortunatamente aveva imparato a memoria la strada per giungere fino alla piccola radura e vi si diresse al galoppo senza esitazioni.
Appena arrivò, si sedette sotto il solito albero fingendo di essere stanco e dopo aver mangiato, si distese e chiuse gli occhi, solo che questa volta non dormiva veramente, voleva sentire tutto il discorso che avrebbero fatto le colombe se fossero venute a posarsi sul ramo più basso dell’albero per la solita chiacchierata.
Difatti dopo pochi minuti ecco che le due Commari si posarono sul ramo come al solito.

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_ Waldemar cercò in tutti i modi di fingersi addormentato, sperando di riuscire a trarle in inganno.
E infatti, pensando che il principe fosse nel mondo dei sogni già da un po’ le due colombe iniziarono la loro chiacchierata.
- Buongiorno Commare! – disse la prima.
- Buongiorno Commare! Avete visto chi è venuto a trovarci? – chiese la seconda.
- Si Commare, ho visto. Credevo che avesse imparato la lezione, ma sembra che il nostro principe non sia granché preoccupato per la sorte del suo amico. -
- A me sembra parecchio dimagrito dall’ultima volta che lo abbiamo visto! -
- Però è ancora qui! La sua sposa lo avrà consolato abbastanza bene se ha già scordato tutto quello che è successo! -
- Non dite così Commare! A me sembra anche piuttosto triste! -
- Secondo me è solo un’abile attore! Non credo che provi rimorso vero dentro di se! -
- Poverino mi fa davvero pena! Questa volta cosa è venuto a fare qui? Ormai ha già chiesto tutto al padre, cos’altro vorrà? -
- Non saprei! Forse nulla! Forse vuole solo cacciare per illudersi di avere ancora accanto il suo amico, prima di scordarlo del tutto. Del resto la vita continua! -
- Si è vero, la vita continua, ma quel giovane che adesso è di pietra e marmo, non merita di essere salvato secondo voi Commare? -
- Di meritarlo, lo merita! Anche se lo sapeva che doveva stare zitto, avrebbe dovuto tacere per sempre così non sarebbe diventato di pietra e marmo. Ma purtroppo quel giovane è troppo onesto, non credo che sarebbe riuscito a vivere tranquillamente se il suo amico non avesse saputo la verità. L’infamia di essere colpevole di tentato omicidio nei confronti di quello che ha sempre considerato un fratello, non avrebbe potuto farlo vivere bene. Per questo ha voluto dire la verità a rischio della vita. -
- Ma non si può far nulla per salvarlo? -
- Beh, una cosa si potrebbe fare… -
- Cosa, cosa? – chiese la colomba interessata.
- Il suo migliore amico dovrebbe catturarci, ucciderci, prendere una piuma ciascuno dalle nostre code e con il nostro sangue ancora caldo cospargere la statua da capo a piedi. In questo modo l’incanto verrà spezzato e il giovane potrà tornare in vita. “ Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ” -
- Ma in questo modo noi moriremo? -
- Temo di si Commare! Ma non credo che il suo migliore amico riuscirebbe a catturarci e dubito perfino che abbia questa voglia di tentare, il rischio è grande! Se dovesse inavvertitamente dire la verità su questa faccenda anche lui rischia di diventare di pietra e marmo. -
- Si è vero! Ma io sono certa che il suo amico mai gli chiederebbe di raccontargli la verità. -
- Inutile preoccuparci Commare, il nostro principe presto scorderà l’amico del tutto e quindi noi non corriamo pericoli. -
- Forse avete ragione Commare! -
Infine dopo aver deciso che non c’era motivo di preoccuparsi le due colombe si salutarono.
- Buongiorno Commare! -
- Buongiorno Commare! -
Poi volarono via senza voltarsi indietro. _
Appena furono sparite dalla vista di Waldemar, questi si rialzò, montò sul suo cavallo e si diresse verso casa.

*******************

Giunto al castello, Waldemar decise di riposarsi quel giorno, era stanco, ma la mattina seguente cominciò a prodigarsi per trovare il modo di catturare le due colombe.
Si procurò una rete fittissima, solida e sottile al tempo stesso, le colombe erano furbe, se avessero visto la rete sarebbero scappate, quindi doveva trovare una rete che risultasse abbastanza invisibile fra i rami dell’albero.
Poi cercò un recipiente che potesse tenere caldo il sangue delle colombe fino al suo ritorno a casa, quindi si procurò uno stiletto per praticare una ferita nel petto delle colombe abbastanza profonda per far stillare il sangue nel recipiente senza perderne neppure una goccia, ma non doveva essere una ferita troppo larga altrimenti il sangue si sarebbe sparso nel terreno.
Appena ebbe pronte tutte queste cose si preparò per andare a caccia.

*******************

Mentre Waldemar preparava tutto l’occorrente per catturare le colombe, la Regina e Kanan, la sua sposa lo osservavano preoccupate.
Il comportamento del giovane principe era assai strano. Aveva appena perso il suo migliore amico e dopo essere stato più di due mesi chiuso nella sua stanza a piangere e a disperarsi, adesso era uscito per andare a caccia come se nulla fosse accaduto e appena tornato dalla caccia, anziché andare dal padre a chiedere una nuova cosa che lo distraesse stava preparando gli attrezzi per una nuova caccia.
Anche se non era ben chiaro cosa volesse catturare.
Si era procurato una rete e da questo deducevano che dovesse cacciare un animale grosso e potente, ma la rete era così fina che un grosso animale l’avrebbe rotta facilmente. E di certo non poteva abbatterlo con uno stiletto!
E di quel contenitore che cosa voleva farci?
Entrambe pensarono che il principe fosse diventato matto. Il dolore per la perdita del suo caro fratello lo aveva reso folle.
I genitori di Kanan erano ancora loro ospiti, dopo gli eventi accaduti durante la festa di nozze, non si erano sentiti di partire così presto, e visto il comportamento del giovane principe stavano seriamente pensando di annullare il matrimonio della figlia col principe e riportarsela a casa, ma Kanan, non era ancora disposta ad andar via senza aver almeno tentato di salvare il suo sposo dalla follia.

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Di tutto questo Waldemar non si preoccupava affatto.
Passava fra i nobili senza neppure vederli tant’era preso da quello che stava facendo.
Neppure Kanan riusciva a distrarlo.
Così, finalmente quando tutto fu pronto, Waldemar si alzò presto e tranquillo si avviò verso il bosco e da lì alla radura dei cervi.
Quando giunse alla radura albeggiava appena, doveva preparare la trappola per le colombe prima che esse giungessero, altrimenti tutto quel lavoro sarebbe stato inutile.
Sistemò la rete intorno al ramo dove le colombe si poggiavano con grande maestria, lasciò pendere le corde, anch’esse molto sottili e quasi invisibili, vicino al posto dove lui di solito si stendeva a riposare, poi finse di essere arrivato da poco e si sedette sotto il ramo per mangiare qualcosa con assoluta indifferenza, era un esperto cacciatore sapeva come trarre in inganno le prede. Poi, si stese sotto il ramo tenendo fra le mani le cime delle corde e attese che le due colombe vi si posassero.
Dopo pochi minuti ecco che le due Commari planarono dolcemente sul ramo.
- Buongiorno Commare!- disse la prima.
- Buongiorno Commare! – rispose l’altra.
- Avete visto chi c’è? -
- Si ho vist… - la povera colomba non poté finire la frase.
Waldemar lesto tirò la corda e la rete intrappolò le due colombe.
- Commare siamo cadute in trappola! -
- Temo di si Commare! Abbiamo sottovalutato il nostro giovane principe! -
Le povere malcapitate sbattevano le ali sperando di impietosirlo, ma uno sguardo al suo viso fece loro capire che era inutile.
Waldemar con la pazienza del cacciatore, prese con la mano la prima delle due e con la precisione di un chirurgo affondò lo stiletto nel petto della colomba e vi praticò un piccolo taglio, poi fece scorrere il sangue nel recipiente che aveva portato con se, appena ebbe finito con la prima passò alla seconda, doveva far presto, il sangue doveva arrivare caldo al castello.
Quando l’ultima goccia di sangue cadde nel recipiente lo chiuse e lo mise nella sacca che aveva portato con se. Poi lesto strappò una piuma dalla coda della prima colomba e poi un’altra dalla seconda, quindi montò sul cavallo e corse veloce come il vento verso il castello.
Appena vi fu giunto saltò giù dal cavallo e salì le scale a due a due per fare prima, si precipitò nella sua stanza e si inginocchiò davanti alla statua di Reza. Prese il recipiente dalla sacca e le due piume e dopo aver aperto il recipiente cominciò a cospargere la statua con il sangue delle colombe.

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Il Re, la Regina, Kanan e i suoi genitori avevano visto arrivare Waldemar dalla finestra del salone. Era tutto scarmigliato e con gli abiti pieni di foglie, sembrava davvero un povero folle. Preoccupati a vederlo in quello stato si erano precipitati in cima allo scalone per chiedergli cosa gli fosse successo, ma lui gli era passato davanti senza proferire parola e senza ascoltare ciò che volevano dirgli, incuriositi nonché angustiati fino allo stremo, avevano deciso di seguirlo per vedere a cosa era dovuto questo suo strano comportamento.
Giunti in camera dello sposo, erano rimasti sulla soglia ad osservare i suoi gesti. Il padre di Kanan appena vide cosa stava facendo disse; - Mi spiace tanto per lui. Ma temo che sia davvero impazzito. Cosa sta cercando di fare a quel povero ragazzo? Non vedete come sta sporcando la statua di sangue, secondo me a suo modo vorrebbe farlo tornare in vita. Ma è impossibile. Credo che ormai non ci sia più speranza per lui. –
- Prima di dire che non c’è più speranza per lui, aspettiamo di vedere il risultato. Forse è andato ad uccidere il colpevole che ha causato lo stato di Reza. E adesso sta cercando di dire al suo amico che lo ha vendicato. Magari lo sta solo salutando per l’ultima volta! – disse Kanan.
- Sono d’accordo con te! – rispose la Regina. – In fondo Reza era come un fratello per lui, sono cresciuti insieme dividendo tutto. Non mi sorprende che abbia voluto vendicare la sua morte. -
- Può darsi! – rispose il Re – Ciò non toglie che questo suo strano comportamento non ha senso. Ormai Reza è morto, non può più vedere cosa fa Waldemar. Percui non capisco cosa spera di ottenere! -

*******************

Waldemar sentiva ciò che dicevano, ma non poteva spiegare loro la situazione, altrimenti rischiava di diventare a sua volta di pietra e marmo.
Adesso poteva capire cosa aveva provato Reza quando aveva cercato di salvarlo dalla morte. Nessuno capiva il suo comportamento e lui non poteva dirlo, ma quando era stato certo che Waldemar era ormai salvo non era più riuscito a tenersi dentro la verità e aveva sentito il bisogno di dirlo almeno a lui.
Povero Reza come doveva aver sofferto quando sentiva parlare di se in modo così leggero. Anche lui lo aveva criticato, lui che era il suo migliore amico e che doveva conoscerlo meglio di tutti.
Waldemar continuò a cospargere la statua con il sangue delle colombe senza parlare. Poi quando ebbe finito attese che l’amico tornasse in vita.
Lentamente la statua cominciò a modificarsi. Dapprima si cominciarono a vedere nuovamente i colori del suo vestito, poi le scarpe, la cintura e i vari oggetti inanimati che indossava, poi pian piano le sue mani cominciarono a muoversi, il grigio colore del suo viso mutò e la vita cominciò a scorrere nel corpo di Reza.
Infine fra lo stupore dei presenti, nonché di Waldemar, Reza disse; - Cosa è successo? Io dovrei essere una statua di pietra e marmo. Non dovrei più poter respirare. –
- Reza sei tornato! Finalmente, non vedevo l’ora di poterti stringere nuovamente a me fratello mio! Mi hai fatto prendere una paura che non ti dico! – rispose Waldemar con le lacrime agli occhi abbracciando l’amico fino a quasi farlo soffocare.
- Ma come hai fatto a farmi tornare in vita? – chiese Reza.
- “ Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ” – rispose Waldemar.
- Capisco! – disse Reza sorridendo. – Allora non voglio sapere come hai fatto. Non ho bisogno di spiegazioni. Ti credo! -

*******************

Dopo i primi attimi di stupore la Regina corse ad abbracciare Reza. Era troppo contenta che il ragazzo fosse tornato in vita e non voleva sapere come ciò era stato possibile.
Tutti lo abbracciarono e si felicitarono per il suo ritorno.
Dietro i presenti una figura timida si fece largo fra i presenti e avvicinandosi a Reza gli getto le braccia al collo e pianse di felicità. Era Shanti la sorella di Kanan.
La principessa si era innamorata del ragazzo che per tutto il giorno delle nozze della sorella le aveva fatto da cavaliere. Non lo aveva detto perché poi Reza era diventato di pietra e marmo e quindi pensava che ormai non avrebbe più potuto vederlo, dato che il principe si era chiuso nella stanza con la statua del ragazzo.
Ma adesso non riusciva più a trattenersi e non accennava a lasciarlo andare.
Non ci furono bisogno di parole per i presenti, era chiaro come il sole che Shanti era innamorata di Reza e dallo sguardo del ragazzo, si poteva dedurre che anche lui era innamorato di lei.
Quindi il Re rivolto al padre della ragazza disse; - A quanto pare i nostri due giovani si amano. Posso avanzare la richiesta di concedere la mano di vostra figlia Shanti per il nostro secondo figlio? Egli merita l’amore di vostra figlia. È un giovane valoroso e degno di essere lo sposo di una Regina. Sono certo che non vi pentirete mai di aver concesso a Reza l’onore di darle in sposa Shanti. –
- Ne sono certo! Anzi vi dirò di più. Kanan è già la futura Regina del vostro regno, quindi penso che non avrà nulla da ridire se io concedo a Reza di essere lui il Re del mio regno. Dato che non ho un figlio maschio a cui lasciare il comando. E spero che anche voi non abbiate nulla da obbiettare se vostro figlio non diventerà il Re del mio regno. -
- Hai sentito Reza? – disse Waldemar – Adesso anche tu potrai diventare un Re. E sono certo che sarai un Re degno di questo titolo. -
- Si ho sentito! Ma io devo ricordavi signore che non sono un nobile. I miei genitori sono gente comune, non scorre sangue blu nelle mie vene. Anche se la cosa per me non è mai stata importante. Io sono fiero dei miei genitori e non li cambierei mai. Se decidessi di trasferirmi nel vostro regno loro verrebbero con me. – rispose Reza rivolto al padre di Shanti.
- Ti ho forse chiesto di lasciarli qui? Ti ho forse detto che devi avere il sangue blu nelle vene per poter essere un degno Re? – rispose il padre di Shanti.
- No! Ma era mio dovere avvertirvi! -
- Apprezzo molto la tua onestà Reza. Per questo ho deciso che sarai un degno successore. Tu sarai un buon Re, proprio perché sei tu! -
Detto questo il Re e suo futuro suocero, lo abbracciò come si abbraccia un figlio.
Quando finalmente ebbe di nuovo la possibilità di parlare, fra tutti quegli abbracci, Reza disse; - Adesso scusatemi devo andare dai miei genitori. Sono certo che anche loro vogliono riabbracciarmi e io non li vedo da mesi e mi mancano. –
Si sciolse dall’abbraccio di Shanti e si diresse verso la soglia della stanza, ma davanti alla porta si fermò e rivolto alla principessa disse; - Vuoi venie con me? Mia madre sarà lieta di conoscerti! –
La principessa sorrise e corse verso di lui. Si presero per mano e felici andarono a casa di Reza.

*******************

Qualche settimana dopo si celebrarono le nozze di Reza e Shanti.
E ancora una volta nel regno ci fu festa.
Questa volta toccò a Waldemar e Kanan fare da testimoni alle nozze. La mattina seguente i giovani sposi partirono per il viaggio di nozze.
Avevano fatto tutto insieme Waldemar e Reza quindi anche il viaggio di nozze lo fecero insieme.

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Regnarono per molti anni, ognuno nel proprio regno. Ogni tanto si facevano visita e da allora nessuna nuvola oscurò mai le loro vite.

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“ Ma chi lo sa e lo dirà, di pietra e marmo diventerà! ”




Massimo Spada
Venerdì 21 Novembre 2008

h. 19:07

martedì 6 marzo 2012

" La Residenza del Diavolo " Capitolo X - Diane e Jordan s’incontrano



- Buongiorno!… Sono Diane Dégel… - si presentò la ragazza - …Sto cercando l’Ispettore Malin… devo parlare urgentemente con lui! -
- Mi spiace, signorina… l’Ispettore stamattina non è ancora arrivato… Se vuole accomodarsi e aspettarlo… Non dovrebbe ritardare molto… - rispose l’agente.
- Aspetterò! – esclamò Diane mentre si sedeva su una sedia.
L’attesa era sempre un po’ snervante. Diane non era certo diversa dagli altri. Si sentiva osservata da chiunque passava e la cosa non le risultava certo piacevole.
- “Speriamo che quell’idiota dell’Ispettore si decida a spuntare!… Sto cominciando ad innervosirmi… Non che questa idea di venire a cercarlo mi piaccia… ma, forse… forse non è così malvagia… Il direttore sbaglia a dar fiducia a quell’uomo… non posso credere che reputi l’Ispettore una persona affidabile… Dopo più di due mesi di insuccessi, spera ancora che quell’inetto risolva il caso… è un’assurdità!… Che paranoia!… Sono qui a guardare questi cretini che entrano ed escono da questo schifo di posto… e mi osservano con curiosità come se io fossi un fenomeno da baraccone… o chissà che cosa… Imbecilli!… Ecco un altro di questi nulla facenti… A giudicare dalla faccia sembra incazzato di brutto… Chissà cosa gli è andato storto?… Sembra meno scemo degli altri…” -
Con passo sicuro, il ragazzo che aveva attirato l’attenzione di Diane si diresse verso l’agente di guardia.
La giornalista li vide parlare. La curiosità della ragazza aumentò quando i due si voltarono verso di lei. L’irritazione le cresceva dentro… E pensare che aveva trovato il nuovo arrivato migliore degli altri! Decise di lasciar perdere l’incontro con l’Ispettore e di tornarsene a casa… sarebbe stato meglio telefonargli, prima di piombargli al dipartimento come aveva fatto. Stava per alzarsi e andarsene quando…
- Signorina!… - le disse Jordan avvicinandosi a lei - Sono l’Ispettore Malin… Di cosa deve parlarmi? -
- Preferirei parlarle in un luogo più appropriato… Cosa ne dice del suo ufficio? -
- D’accordo, come preferisce!… - rispose Jordan invitandola a seguirlo - Gradirei che lei fosse breve: come può immaginare ho altri problemi da risolvere… le giornate, per me, non sono abbastanza lunghe da permettermi di assolvere a tutti i miei impegni… - soggiunse, richiudendo la porta del suo ufficio dietro di sé.
Lo sguardo carico di disappunto di Diane, fissò Jordan per qualche secondo. Il ragazzo sostenne la stizza di quegli occhi con noncuranza.
- Mi auguro che i suoi… “tanti impegni”… includano la cattura del mostro che sta gettando nel panico la nostra città! – puntualizzò Diane.
- E’ venuta qui per farmi un sermone? – chiese Jordan sedendosi al suo abituale posto. – Le assicuro che non occorre!… Forse lei non lo sa… ma, catturare un assassino… non è cosa da poco!… Se poi è qui per darmi dei suggerimenti… la ringrazio… anche se mi fido poco dei detective fai da te… Tendono troppo ad emulare i gesti di “Sherlock Holmes”… “Hercule Poirot”…“Agathe Christie”… etc. etc. Ora mi dica, perché mi cercava… con tanta urgenza! -
- Mi scusi per il cinismo gratuito!… Volevo conoscerla e… farle qualche domanda… Sono una giornalista… Diane Dégel del Jour de France… -
- Capisco!... Lei è una di quei giornalisti che non si accontentano di un semplice “No Comment”, vero? -
- …Vero!… Credo che faccia parte dei suoi doveri… tenerci informati sugli sviluppi delle indagini… Senta… mi rendo conto che il suo lavoro non è facile… e immagino cosa stia pensando… “Con quale criterio questa cretina di giornalista viene qui per dirmi come devo svolgere il mio lavoro”… Ed io sono perfettamente d’accordo con lei… -
- Bene! Mi fa piacere sapere che la pensiamo allo stesso modo… Ora mi dica a cosa si riferisce… sono certo che la parte calda del discorso… non è ancora venuta fuori! – insinuò Jordan appoggiando i gomiti sulla scrivania; le mani incrociate sotto il mento non rasato.
- E’ vero!… Non mi aspetto approvazione da parte sua… ma… Questa è la mia ipotesi… Mettiamo per assurdo che l’assassina… o assassino… sia uno psicopatico. Costui non si rende conto della sua malattia… ciò nonostante… nella sua follia, cerca di attrarre a sé le persone che gli sono vicine… che ne so… magari pensa di essere guidato da “Dio”… o da una qualche intelligenza superiore… che gli suggerisce di uccidere dei prescelti per la salvezza delle loro anime… Pensando di far loro una cosa gradita… ne sceglie alcune a lui più vicine… e dopo averle rapite, le uccide… -
- Se così fosse… questa sua supposizione dove ci porterebbe? -
- …Nel nostro specifico caso… ci conduce ad “Adam Aryen”!… Tre delle cinque vittime si possono collegare a lui… -
La sonora risata di Jordan, lasciò Diane stupefatta. Lei stava parlando seriamente, cosa diavolo ci trovava lui di così divertente?… Ma quello era veramente un Ispettore di polizia?
- Signorina… apprezzo il suo interesse alla cosa… ma, non credo che possa aiutarci… come ho detto prima, i detective fai da te… non sono… -
- Dunque lei non ha ascoltato ciò che le ho appena detto?… Lei non prende nemmeno in considerazione la mia ipotesi… -
- Le sue ipotesi?… Dove sono le prove per incriminare il Professore, o chiunque altro… Lei ha letto troppi libri gialli… ma… la realtà è ben diversa dalla… -
- So benissimo qual è la realtà!… non ho bisogno di lei per riconoscerla… ma come cavolo fa a dire che quell’uomo sia escluso dai sospettati?… -
- Se mi consente… l’Ispettore sono io!… questo è il mio lavoro, non le permetto d’insegnarmi a svolgere bene il mio compito… Crede che non abbiamo fatto tutti i controlli necessari?… Pensa che se ci fosse stato anche solo il minimo sospetto… non avremmo già verificato la posizione del Professore?… Per favore, non mi faccia perdere altro tempo… Se è venuta qui solo per dirmi che sono un imbecille… beh, lo ha fatto abbastanza esaurientemente… Ora che mi ha informato del suo pensiero, può ritenersi appagata!… Accetto la sua lecita critica… anche se non la condivido… la ringrazio per la sua onestà, e le chiedo il favore di lasciarci lavorare… -
- Lei non ha capito niente!… Io sono venuta qui con l’intenzione di aiutarla a trovare l’assassino… Forse non sarà il “Professore Aryen”, l’assassino… Ma non credo che le costi grande fatica controllare il suo alibi per le sere in cui sono scomparse le vittime… e per i giorni in cui sono state ritrovate… -
- Le posso garantire, “Mademoiselle”, che tutto ciò che doveva essere controllato… è stato controllato, fin nei minimi dettagli… che lei ci creda oppure no… -
- Adesso basta! – urlò Diane – La smetta di trattarmi con condiscendenza… mi fa sentire una bambina stupida!… Io volevo solo metterla al corrente… condividere con lei un mio sospetto, che ritenevo valido… Ma lei… lei … sa soltanto burlarsi di me… -
Jordan la osservò sorridendo. Quella ragazza aveva grinta da vendere… ed in fondo, aveva cercato solo di proporgli un’ipotesi da sviluppare… che del resto lui stesso aveva già preso in considerazione.
Adesso la domanda che Jordan si poneva era: - “Se anche questa giornalista sospetta che il Professor Aryen possa essere l’assassino… se anche lei… come me, pensa che il Professore nasconda qualcosa… Perché mai Immanuel sostiene il contrario?” –
- Se le chiedessi di parlare dei suoi sospetti ad una persona… che come me lavora a questo caso, crede che riuscirebbe a convincerla? – chiese Jordan ad una incredula Diane.
- Naturalmente! – rispose la ragazza.

- “Parigi!… Così calma e sicura… Così scintillante e satura di vitalità… nasconde nel suo ventre il germe dell’omicidio… Potrebbe essere interessante entrare nella mente di un assassino… immaginare cosa pensa… Perché mai ha scelto Parigi per i suoi delitti?… Cosa c’è qui che lo attira tanto?… Probabilmente ha scelto questa città perché è qui che vive… mi sembra la spiegazione più logica… Certo, le ferite sulle vittime sono abbastanza singolari… ma… non prive di senso!… Potrebbe trattarsi di una setta… gli adoratori del male sono famosi per i loro sacrifici in nome di “Satana”… A questo punto l’assassino non può essere uno solo… diventano “gli assassini”… Non capisco come l’Ispettore Malin possa sospettare di me, non penso di apparire… “Satanico”… Forse un po’ cinico, diamine… ma addirittura “Demoniaco”… Se mio padre fosse ancora vivo… direbbe che l’Ispettore è sulle tracce giuste… Ma la mia amata Parigi… non mi tradirà… Non c’è nessun essere umano che mi conosce e mi capisce… al pari della mia città… Amo le sue strade affollate… le sue luci artificiali… il buio dei suoi vicoli… la follia dei suoi eroi… l’atrocità e il sangue della sua storia… il genio dei suoi artisti… Forse un po’ dell’alienazione di questa metropoli è entrata in me… forgiando la mia anima con l’incandescenza del suo fuoco… Doveva accadere!… Ognuno di noi subisce l’influenza dell’ambiente che lo circonda!… Mi chiedo quale sia stato “l’habitat” delle persone che fanno parte di una setta… anche se dubito fortemente che questo possa realmente influire sui loro comportamenti… In questo schifo di vita, o sei buono… o sei cattivo… ora, io vorrei sapere a quale categoria appartengo?!?… Forse a nessuna delle due… chi può dirlo… in fondo, molto in fondo… siamo tutti esseri viventi… soggetti a sbagliare… La perfezione non esiste… chi può arrogarsi il diritto di giudicare un uomo?… Nessuno!… Allora, “Cristo”, perché… perché io debbo sentire solo critiche intorno a me?… Perché mi ritrovo a dover subire la stretta del mantello del sospetto?… Se Anne non avesse mai fatto il mio nome davanti a quelle maledette telecamere… sarei rimasto nell’ombra… libero di continuare il mio lavoro… padrone della mia vita privata… Invece… Questa cattiva pubblicità intorno alla mia persona, è dannatamente pericolosa… Qualsiasi azione io compia… qualsiasi parola io dica… viene analizzata e rivoltata contro di me… L’Ispettore Malin mi sospetta e pensa che io non mi sia accorto che mi fa sorvegliare… Spera forse che io sia un idiota?… Magari per lui la parola “Parapsicologo” va associata a “Tonto”, o “Scienziato Pazzo”…” -
Adam sorrise amaro.
Era comodamente seduto su una delle poltrona del suo salotto. Quella mattina aveva chiamato il laboratorio, per avvertire che se avessero avuto bisogno di lui lo avrebbero trovato a casa. Aveva passato tutta la mattinata a riordinare i documenti, che doveva portare con sé nel suo prossimo viaggio. Non aveva pranzato… il lavoro era stato superiore alla fame. Ora, a metà pomeriggio… il peso della stanchezza aveva preso il sopravvento, percui era andato in salotto a servirsi un drink, e rilassarsi un po’. Ma a volte i pensieri, le preoccupazioni, s’impadroniscono delle menti degli uomini e sfibrano più della fatica fisica.
Questo stava accadendo ad Adam in quel momento. Anziché lasciarsi cullare dalle note della sua canzone preferita… lasciarsi riscaldare dal fuoco del suo Cognac, e… chiudere gli occhi, lasciandosi abbracciare dalla morbidezza della poltrona… Il suo corpo era teso come la corda di un violino… e la sua mente si avventurava in tortuosi pensieri, alla ricerca di una risposta plausibile ai suoi mille perché.
Non era simpatico sapere che la polizia lo sospettava. Non c’erano prove per accusarlo… ma ciò non bastava. Benché Adam si sentisse sicuro del fatto suo… doveva ammettere che era fastidioso sentirsi sorvegliato.
- “Possibile che in tutta Parigi, non abbiano trovato un altro da sospettare, oltre me?… Se continuano così, diventerò talmente famoso da eclissare tutte le stars Francesi… Se non fosse un paradosso… lo troverei anche divertente… invece è “Opprimente”!… L’Ispettore dovrebbe scegliere meglio gli agenti che devono pedinarmi… quelli di cui si avvale, sono facilmente riconoscibili…. Persino un bambino sarebbe in grado di individuarli!… Meglio non pensarci più… altrimenti resterò inglobato nel suo gioco… poiché credo che uno dei suoi scopi, sia quello di esasperarmi… Ma io non ho nulla da nascondere!…” – Infine si ammonì mentalmente – “Adam… torna a lavorare… o dimenticherai qualche documento importante… e il tuo viaggio si rivelerà un totale fallimento! “ -

Malibu

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Memphis

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Personaggio creato da me in un'altra storia