venerdì 24 dicembre 2010

" La Residenza del Diavolo " Capitolo I - Turbamento



Davanti al cinema c’è una folla di gente che aspetta la fine del film per poter entrare a sua volta a vedere “La Residenza del Diavolo”; Arianne la guarda attonita; i grandi ed espressivi occhi verdi della giovane donna passano da un viso all’altro, forse sperando di scorgere qualcuno che conoscono. Le piccole labbra si atteggiano in una smorfia di disappunto.
- “Lo sapevo…” – pensa – “…mi ha di nuovo dimenticata… Uffa!!!… E’ possibile che non posso mai contare su di lui?” -
- Arianne, vieni con noi, o vuoi restare lì e diventare una statua di ghiaccio? – l’interroga un’amica.
Arianne si volta verso chi l’ha chiamata, e quel gesto fa volare i morbidi capelli neri in avanti, incorniciandole il piccolo viso che, arrossato dal freddo, le dona l’aria di una quindicenne.
- Vengo!!! – risponde, infilandosi le mani nelle tasche del cappotto e muovendosi con passi leggeri e veloci verso il gruppo degli amici. Alza la testa e sorride.
Questa è l’ennesima volta che chiede a suo fratello di raggiungerla da qualche parte, per passare insieme la serata, e lui non si fa vivo.
- “A volte mi pare proprio che lo faccia apposta, a darmi buca!” – pensa fra se la ragazza – “Evidentemente le sue scartoffie sono più importanti di me… Io non lo capisco più… è così strano ultimamente…” -
- Cos’hai, Arianne? – interrompe i suoi pensieri l’amica – Non dirmi che aspetti ancora tuo fratello?-
- Proprio così, Juliette!… Speravo che stavolta… - non riesce a trattenere le lacrime. Si ferma improvvisamente, abbraccia Juliette, scoppia in singhiozzi.
- Su, non fare così!… Sono sicura che avrà avuto degli ottimi motivi, per non essere venuto… Non piangere!… Scommetto che lo troverai a casa… e magari, quando gli ricorderai dell’appuntamento… ti guarderà stupito e si dispiacerà di averlo dimenticato!… Arianne, per favore… non è possibile che tu ogni volta abbia la stessa reazione… è solo tuo fratello, mica il tuo fidanzato… Cavolo… hai ventidue anni e ancora piangi come una bambina… Ma ti sembra normale? … Non dimenticare che tuo fratello lavora, non può pensare a sciocchezze come questa… - cercava di tirarla su di morale, ma non era facile. Ormai erano parecchi mesi che questa situazione andava avanti. Certo era strano che Arianne fosse così attaccata al fratello, in modo quasi viscerale, come se volesse dominarne o dirigerne la vita. Eppure Arianne era una ragazza dolce, gentile… ma ultimamente c’era in lei qualcosa che non andava.
Dopo averla lasciata sfogare per un po’, Juliette le sollevò il mento per fissarla negli occhi e le disse: - Forse è meglio che ti diamo un passaggio fino a casa!… Così andrai a controllare cosa sta facendo il tuo amato fratello… Ok? –
Arianne non si fece ripetere la proposta, assentì con un cenno della testa e sorrise.
Gli amici protestarono un po’, poi, rendendosi conto che l’apprensione dell’amica avrebbe rovinato loro il Sabato Sera, accettarono di riaccompagnarla.

Come previsto da Juliette, Arianne trovò il fratello chiuso nella sua stanza, intento a lavorare.
Fu costretta a bussare più volte insistentemente per riuscire a farsi sentire. Infine il fratello fece girare la chiave nella serratura e Arianne, aprendo la porta della stanza del ragazzo, lo vide dirigersi stancamente verso il tavolo da lavoro.
- Ti sei dimenticato di me!… - esclama con disappunto - … All’uscita del cine non c’eri… e dire che me lo avevi promesso… “Non preoccuparti” hai detto, “Sarò lì fuori ad aspettarti”. Ed io, cretina, che ti credo ancora… Immanuel, mi stai ascoltando? -
- Sì, Arianne!… - risponde lui calmo; i suoi gesti sono flemmatici e spossati mentre si volge verso lei per osservarla. Anche il suo viso parla come i gesti: è pallido, i grandi occhi verdi sono cerchiati, e le labbra sottili sembrano alla ricerca di aria. Nondimeno continua a restare affascinante agli occhi della sorella, che si avvicina a lui e gli accarezza dolcemente i soffici e lunghi sul collo capelli neri; poi lo abbraccia forte.
- Scusami!… - continua lui - …Ho dimenticato la promessa… Ma avevo del lavoro da fare e…-
- Sì, ho capito!… Il tuo lavoro innanzi tutto, eppure… mi era sembrato di capire che dovessi prenderti una vacanza… o sbaglio? -
- Doveva essere così… ma… hanno per le mani un caso insolito, e pensano che il mio aiuto sia necessario… Dopo questo caso però… ci faremo una vacanza io e te… e per non essere rintracciabili non comunicheremo la destinazione… Va bene? -
- Dici sempre così, ma poi non ne fai niente… Ci crederò solo quando saremo lontano da Parigi… magari… che ne so?… in Malaysia… o nelle Antille! – rise lei.
Si era un po’ tranquillizzata, benché l’aspetto di Immanuel non fosse rassicurante.
- Facciamo una pausa?… - riprese lui - Così io mi riposo un po’, e tu mi racconti come hai passato la serata… Ti và? – si alzò lentamente dalla sedia e prendendo sottobraccio Arianne si avviò verso la cucina.
Mentre Immanuel si affaccendava davanti al frigorifero, per prepararsi un bicchiere di latte, Ariane controllava dentro il forno. C’era un piatto coperto. Notarlo la fece rattristare ulteriormente: non c’erano dubbi ormai sulla trascuratezza del fratello.
- Non hai ancora cenato!… - disse a bassa voce Arianne - Qui c’è ancora il piatto intatto come lo ha lasciato la mamma… Quando domattina lo vedrà, tormenterà papà come al solito perché t’imponga di andare da un medico… Non ti dispiace neanche un po’ che si preoccupino tanto per te? -
- Le avevo detto di non preparare niente… pensando che poi avrei dovuto raggiungerti al cinema e che avremmo passato insieme la serata… Ma… evidentemente lei aveva previsto che me ne sarei dimenticato… - rispose lui cercando di scusarsi. Poi le domandò - Tu hai già cenato? -
- No!… Sono uscita dal cine e mi sono fatta riaccompagnare! -
- Bene!… Allora puoi aiutarmi a mangiare quello che mamma mi ha preparato?… - Sorrisero.
Si sedettero a tavola l’uno di fronte all’altra, e mentre cenavano iniziarono a parlare; prima del lavoro di lui, ma egli dopo aver espresso la propria perplessità sul caso che stava seguendo, deviò la conversazione sul film che la sorella aveva visto.
- …Niente di veramente eccezionale… - rispose lei - …il solito filmetto dell’orrore, con tanto di riti, urla, ragazze cretine che anziché darsi da fare si abbandonano a svenimenti, pur di farsi toccare dal bello della situazione, e cavolate varie… molto sangue… Per dirti la verità, non ho fatto che ridere per tutto il film… tranne… beh, ecco… c’è stata una scena un po’… come dire?... bizzarra… però è riuscita per un attimo a mettermi dentro un’inspiegabile inquietudine… Certo che il regista, o lo scrittore che ha inventato questa storia, deve essere un tipo strano… -
- Perché?… - chiese Immanuel, non che gli interessasse sul serio del film, ma almeno, così, lei avrebbe parlato e, nella foga del discorso, non gli avrebbe fatto domande sul suo lavoro e non si sarebbe accorta che la sua brutta cera si stava accentuando. Non aveva modo di vedersi allo specchio, ma da come si sentiva in quel momento immaginava che il suo stato si stesse ripercuotendo (come sempre accadeva) sul suo aspetto. - Raccontami la scena… così posso almeno farmi un’idea di ciò che per te è stato tanto singolare… -
- Ti giuro… - rispose lei - …che non c’era niente di realmente sconcertante… forse… mi ha provocato quell’emozione perché ero preoccupata per te… o magari perché… Chissà a cosa stavo pensando… -
- Tu racconta!… Al perché ci penso io. – incalzò lui, lanciando un’occhiata furtiva alla porta chiusa della cucina; non voleva che i genitori li sentissero: pensava che stessero già riposando e il loro chiacchiericcio potesse disturbarli, ma dato che sembrava tutto a posto, dopo un rapido sguardo alla cucina, di design moderno, tornò a guardare la sorella esortandola a raccontare ciò che l’aveva turbata.
- Dunque… c’è questo tizio… una specie di “Signore delle Tenebre”… che, non so per quale motivo, e per la verità neanche quale modo ha trovato per chiamare “Satana” e fare un patto con lui… comunque, questo tizio deve fare dei sacrifici in nome di “Satana”… Ora, fra le tante scene del film… c’è questa del sacrificio… per fortuna, solo di uno… si vede il tizio che trascina un agnellino… poverino… è talmente piccolo che fa pena vederlo trascinato per le zampe in quel modo… Lo porta al centro di una grande sala, dove c’è un altare di pietra che è già sporco di sangue raggrumato, segno evidente che i sacrifici sono stati tanti, vi lega il povero agnellino con una catena e si appresta ad ucciderlo… ma… quando l’inquadratura torna sulla pietra, dopo aver fatto vedere il viso dell’uomo con il suo ghigno cattivo, l’agnello… non ho capito come… forse perché non ho seguito molto la trama… o forse ho perso qualche scena tra l’agnellino e la brutta faccia del tizio, e comunque non l’ho chiesto ai miei amici, altrimenti, sai la presa in giro!… Ad ogni modo… l’agnellino non c’era più!… Al suo posto c’è una ragazzina di quindici… al massimo diciotto anni… nuda, legata mani e piedi con una catena, supina, che lo guarda con occhi vitrei, sorride e aspetta che lui la colpisca… E quella specie di mostro umano… prima, con la punta del pugnale esplora il suo corpo… poi la sgozza… percui, vedi il sangue scivolare giù sul collo fino alla pietra… ma quell’idiota, ancora non è contento… alza il pugnale all’altezza delle sue spalle, e poi velocemente lo affonda nel ventre della malcapitata e da lì, con forza, le provoca un taglio profondo fino alla base del collo… e poi, con quelle sue manacce, allarga più che può la ferita… Dico io… ma che gusto ci prova a tormentarla anche dopo che l’ha ammazzata?… Fatto ciò… si abbassa su di lei è inizia a leccarle il sangue… come se ne avesse bisogno per vivere… Confesso… - concluse Arianne con amarezza - che la scena mi ha impensierito un po’… Non che fosse peggiore di quelle che ho visto in altri film horror… ma… ho pensato che… Abbiamo veramente un macabro senso del divertimento noi esseri umani!… se ci occorre vedere simili scene per passare il tempo… Non credi? -
Guardò il fratello alla ricerca di una parola affettuosa e confortevole, che riuscisse a calmarla, ma Immanuel aveva lo sguardo lontano, fisso in un punto indefinito del muro bianco dietro di lei.
- Immanuel, che ti succede?… Cos’hai? – riprese lei con apprensione.
Lui continuava a fissare il muro e a non rispondere. Mentre parlava, Arianne non si era accorta che il fratello già da un po’ aveva quell’espressione sul viso, ma ora che l’aveva vista, cominciava a preoccuparsi. Si alzò di scatto dalla sedia e, portandosi accanto a lui, lo scosse leggermente, poi decise di andare a chiamare i suoi genitori. Si era appena mossa che Immanuel le prese il braccio per fermarla.
- Tranquilla!… - le disse parlando a bassa voce - …Sto bene… adesso… Siediti, bevi un po’ d’ acqua… -
- Mi hai fatto prendere un colpo! – esclamò lei – Ma che ti è preso?… Perché non mi hai detto che stavi male?… - gli chiese, avvicinando il bicchiere alle labbra.
- Non è niente!… - rispose - …Ormai è passato… Lo sai che a volte mi capita di… dissociarmi dal mondo!… Non volevo spaventarti… Scusami!… -
- Non farlo mai più!… - rispose alterata - Se non eri interessato al film potevi dirmelo, non era necessario che mi lasciassi qui a parlare da sola… mentre tu andavi a perderti nei meandri del tuo mondo… Non è stata una cosa carina da parte tua. -
- …Ti sbagli!… Ti ascoltavo… ma poi… Beh, lasciamo perdere.. Come hai detto che si chiama… lo scrittore, o il regista di quel film? -
- Non l’ho detto!… Onestamente… non lo so… Perché vuoi saperlo? -
- Per curiosità… niente di più… Ma se non lo sai, non è importante!… Si è fatto tardi… sarà meglio andare a dormire… - concluse Immanuel alzandosi e andando a mettere i piatti e i bicchieri sporchi dentro il lavandino.
Arianne assentì con la testa, anche se lui non la stava guardando. Lo osservò per un attimo, e si accorse con stupore che fino a quel momento non si era resa conto di quanto suo fratello fosse diverso: aveva sempre i gesti gentili, sempre calmo, tranquillo, accondiscendente, sorridente, educato, ma… spesso era assente, non con il corpo, quanto con la mente. Certo, tutto quello che riguardava il suo lavoro era “Top Secret”, ma, chissà perché, lei era sicura che c’era qualcosa di strano in lui. Per quanto ne sapesse, da trentatre anni ormai era uguale a se stesso… ma da qualche mese, aveva la tendenza a isolarsi.
- Andiamo?… - disse Immanuel, voltandosi verso di lei e interrompendo il suo pensiero.
Lei sorrise; - “ Ma cosa vado a pensare?… Immanuel è sempre uguale… Sono io che sono strana ultimamente… vivo un deja-vu, ad ogni istante…”-
Il giovane ormai le era accanto. Lei gli diede un bacio sulla guancia, mettendosi in punta di piedi, e dopo averlo preso sottobraccio, insieme si avviarono alla porta, dove si separarono. Arianne spense la luce della cucina ed ognuno si avviò per la propria stanza.

Massimo Spada

Malibu

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Memphis

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Personaggio creato da me in un'altra storia